Effetto MasterChef

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Il cibo è ovunque. Invasi da reality, talent e trasmissioni televisive dedicate all’arte culinaria rischiamo non solo il mal di pancia, bensì di dimenticare il significato più intimo della cucina. La sua essenza più autentica. “Cucinare significa aprire le porte della propria casa all’altro. E’ la consegna di sé ai propri ospiti, attraverso  i piatti proposti. La cucina è prima di tutto accoglienza”, sorride Luca Franchini direttore del Centro di Formazione professionale Nazareno di Carpi. Folgorati sulla strada di Damasco della cucina, sono sempre più numerosi i ragazzi che prendono a modello di riferimento i grandi chef stellati e quelli divenuti popolari grazie alla Tv. Star mediatiche del nostro tempo, gli chef non solo dettano mode, ma influenzano anche le scelte scolastiche e formative delle nuove generazioni. Basti pensare che secondo l’ultimo dossier della Coldiretti, presto, nel Belpaese ci saranno più di due cuochi per ogni operaio. Insomma, ai tempi di Masterchef, l’istituto alberghiero è la seconda scuola più “cliccata” dai giovani.
E a Carpi? Il proliferare di talent e trasmissioni televisive dedicati alla cucina sta incidendo sulle iscrizioni al Centro di Formazione professionale Nazareno?
“Il trend delle iscrizioni – prosegue Franchini – è in continua crescita. Nel 2006, quando arrivai, avevamo un centinaio di studenti, oggi sono 200, nonostante l’offerta si sia notevolmente ampliata con l’introduzione dell’indirizzo alberghiero in vari istituti agrari del territorio”.
Il percorso di qualifica di operatore della ristorazione è il “cuore” dell’offerta formativa del Centro: un percorso di due anni inserito nell’ordinamento di Istruzione e Formazione Professionale della Regione Emilia Romagna, che permette di raggiungere la qualifica professionale e di assolvere all’obbligo formativo e di istruzione. I ragazzi che lo desiderano, possono poi dedicarsi a un percorso di specializzazione (sala, cucina e pasticceria) di 500 ore. “Al momento, un gruppo di dieci allievi, qualificatisi a maggio, hanno la possibilità straordinaria di formarsi al Nazareno con i maestri pasticcieri di Alma, la più autorevole Scuola di Cucina Italiana a livello internazionale”. Tra gli aspiranti chef, maitre e pasticceri che popolano le aule e le cucine di viale Peruzzi, 44 vi sono, seppure con poco scarto, più esponenti del sesso forte mentre ben il 40% di loro è straniero. “Queste pareti – spiega Franchini – ospitano il mondo intero: dal Nord Africa all’Europa dell’Est, dalla Cina al Sud America”. Ennesima dimostrazione del potere straordinario della cucina e dell’uso sapiente delle mani: come la musica, sono un linguaggio che oltrepassa confini e barriere e hanno la capacità di avvicinare, includere e far innamorare.
Perché in cucina, si sa, non esistono confini e le differenze rappresentano squisite variazioni sul tema. Altissimo poi il tasso di occupazione post qualifica: “prima della crisi, sfiorava il 90%, ora si attesta intorno al 60%”, sottolinea il direttore.
La stagnazione del manifatturiero cancella posti di lavoro e i giovani cambiano strada e mestiere. Dalle tute blu si passa alle toque blanche. Lei a breve teme una saturazione del settore o, nell’enogastronomia e nel turismo, vi è ancora un significativo margine di crescita?
“Sono convinto vi siano ancora margini di crescita ma credo si debba guardare a questa sindrome MasterChef con cautela”.
Quali i pro e i contro di programmi come Masterchef o Bake off?
“Questa ondata di trasmissioni ha il potere di dare impulso al settore, di far acquisire una maggiore consapevolezza nei consumatori e di valorizzare professioni un tempo sottovalutate. D’altro canto, questa spettacolarizzazione della cucina veicola messaggi distorti. La realtà è molto più complessa rispetto a come viene dipinta la ristorazione in questi show”.
Talento e fantasia sono ingredienti fondamentali ma non bastano: quali sono i sacrifici più grandi che i ragazzi devono affrontare nel loro percorso tra fornelli e sac à poche?
“La ristorazione è fatta di sacrifici e dedizione. E’ un settore duro che presuppone grande equilibrio e passione. I ragazzi devono imparare a lavorare in squadra, all’interno di un ambiente fortemente gerarchizzato. Saper stare alle regole del gioco è fondamentale. Inoltre serve grande umiltà: non tutti possono aspirare a diventare il nuovo Massimo Bottura”. 
La cucina è poi sinonimo di lentezza. Studio. Ricerca. Non vi è spazio per l’improvvisazione tra i fornelli: “vorrà pur dire qualcosa se nei ristoranti stellati, in cucina, lavorano dalle 20 alle 25 persone per altrettanti coperti o se, un tempo, le nostre nonne impiegavano una settimana per preparare il pranzo di Natale…” ironizza Luca Franchini.
Ma quanto sono importanti la storia, la tradizione e la cultura in cucina?
“La cucina italiana è figlia delle tradizioni regionali e famigliari. Trovo paradossale e, in un certo senso decadente, il fatto che la cucina sia diventata show televisivo e, al tempo stesso, stia scomparendo dalle case. Perdere il patrimonio della cucina domestica significherebbe ripudiare le radici stesse della nostra tradizione enogastronomica e, senza tale substrato culturale, dove attingeranno nuovi spunti e rinnovata forza gli chef? La tradizione e la socialità della cucina devono essere protette: in gioco c’è anche la tenuta della cucina professionale. La storia della nostra terra, le nostre radici. Non si comprende, se non in questa chiave, il continuo richiamo di Bottura alle rezdore e a chi gli ha insegnato l’amore per la cucina. Senza tale retaggio non potrebbe, con impegno e ricerca, renderla sempre nuova e appetibile anche per ospiti che provengono da culture lontanissime da quella emiliana”.
Per osare e andare oltre, infatti, occorre conoscere chi siamo e, da lì, partire, innovando. Con originalità e coraggio. Una capacità di innovazione che deve saper coniugare mente e mani, come conclude il direttore Franchini: “una delle difficoltà maggiori dei nostri ragazzi è la perdita della manualità. Una capacità indispensabile di cui riappropriarsi per proteggere il saper fare tipicamente italiano in modo innovativo. Una sapienza artigianale dalla quale possono nascere nuovi spunti imprenditoriali”.
Eccolo dunque il segreto per far nascere dei nuovi Gualtiero Marchesi: spegnere la Tv e accettare con umiltà il sacrificio di un cammino da un lato e, dall’altro, imparare a sporcarsi le mani.
Jessica Bianchi