Tornare alla vita grazie a un “terapeuta” a quattro zampe

Back to life with a dog è il nome del progetto sbocciato tra le mura della Residenza a Trattamento intensivo di Psichiatria dell’Ospedale Ramazzini di Carpi il cui obiettivo è aiutare i malati a ritrovare fiducia in sé e in coloro che hanno intorno, a uscire dalla solitudine e dall’isolamento sociale grazie all’interazione con dieci cani davvero speciali.

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I mica-matti odiano i matti, li chiudono nel mezzomondo e qui non ci vogliono mettere piede, neanche nei giorni di visita, perché sotto sotto, hanno paura che non li facciano uscire mai più… E’ più comodo tenere tutti i difettosi in un unico posto nascosto così nessuno li vede e non esistono più”, scrive Viola Ardone nel suo ultimo romanzo Grande Meraviglia. Quello della malattia mentale resta un tabù difficile da abbattere ma a Carpi, seppur il personale a disposizione sia poco, stanno germogliando esperienze importanti. Esempi di come, con coraggio e passione, si possano imboccare strade innovative per tentare così di penetrare il buio della sofferenza, della solitudine e della malattia. 

Back to life with a dog è il nome del progetto sbocciato tra le mura della Residenza a Trattamento intensivo di Psichiatria dell’Ospedale Ramazzini di Carpi grazie all’intraprendenza della dottoressa Daria Zampolli, responsabile del reparto. “Il nostro obiettivo quotidiano – spiega – è quello di proporre ai nostri pazienti esperienze in grado di riportarli a una vita ricca di sentimenti e di emozioni. In passato ho fatto l’educatrice e lavoravo coi cani, introdurre in residenza un progetto di intervento assistito con gli animali è un desiderio che coltivavo da tempo e che, oggi, grazie a un prezioso lavoro di squadra, si è concretizzato”. 

I pelosi addestrati coinvolti nel percorso di cura – che si prefigge di raggiungere il cuore dei pazienti ricoverati e affetti da malattie mentali – sono dieci: grazie a loro, spesso i malati riescono nuovamente a interagire, a comunicare, riducendo così il senso di solitudine e isolamento sociale. “Nove cani entrano in reparto una volta alla settimana, insieme agli istruttori Nicola Bernardi e Valentina Battistini, mentre il mio – prosegue Zampolli – ormai è parte integrante dello staff”.

Toccarlo, accarezzarlo, accudirlo… ogni piccola interazione col cane rappresenta uno stimolo per il malato. Lo motiva ad alzarsi dal letto, a uscire dalla propria stanza. Ad agire. Il cane, aperto alla relazione e scevro da ogni giudizio, può rappresentare la chiave per ridare a pazienti fiducia in loro stessi e in coloro che li circondano.

Back to life with a dog è stato presentato lunedì 23 ottobre, in occasione di Màt, meritoria iniziativa tesa a “vincere lo stigma e a promuovere una cultura della salute mentale tra la cittadinanza”, ha aggiunto il sindaco Alberto Bellelli. “Un progetto di comunità”, come lo ha definito la direttrice del distretto socio-sanitario Stefania Ascari, reso possibile grazie al sostegno dell’associazione Al di là del muro e al contributo elargito dalla Fondazione del Lions Club International tramite il Lions Club Alberto Pio, “vera e propria benzina per avviare il motore di un’iniziativa che rappresenta pressoché un unicum nel nostro Paese” ha aggiunto il dottor Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e dipendenze patologiche dell’Ausl di Modena.

Han’Nya

“Abbiamo un senso come medici – spiega il dottor Giuseppe Tibaldi, direttore della Struttura complessa di Salute Mentale Adulti Area Nord – se oltre a capire la patologia di cui soffre chi abbiamo di fronte riusciamo anche a comprenderne e a valorizzarne talenti e capacità. Vogliamo, attraverso Back to life with a dog, intercettare tali risorse non pensando alla malattia ma al lato sano di ciascuno dei nostri pazienti”. Per farlo avranno dei preziosi alleati, come la piccola Han’Nya, di razza Papillon, che con la sua dolcezza può aiutare chi si è chiuso in se stesso a ritrovare un poco di fiducia e a riaffacciarsi al mondo o, ancora, il vivacissimo Quasi, un welsh corgi pembroke che con la sua impetuosa allegria può ristabilire un po’ d’ordine con chi tende a essere eccessivamente esuberante.

Quasi

Insomma per ciascun paziente il giusto peloso con cui stringere un’alleanza terapeutica capace di farlo riemergere, almeno questo è l’intento, dal buio in cui sta annaspando. Un aiuto arriva anche dalla natura: “grazie al progetto di Ortoterapia, i degenti coltivano erbe aromatiche e fiori edibili, un modo per restare impegnati e osservare come, grazie alle loro cure, le piante crescono bene e in salute”, sorride Giorgio Cova, presidente di Al di là del Muro. “Noi facciamo il possibile per proporre attività ai malati, dal movimento al karaoke, all’acquerello grazie alla collaborazione dell’artista carpigiana Alberta Pellacani. C’è tanto da fare ma questi malati non possono essere abbandonati a loro stessi” in un mezzomondo di solitudine.

Jessica Bianchi