Meglio soli o accompagnati?

L’impianto del Recovery Fund ha parecchi punti interrogativi: sarà lo strumento corretto per uscire dalla crisi indotta dagli aspetti sanitari della pandemia? La rubrica di PAP 20

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Ne parliamo da un anno circa, da quando la pandemia è iniziata. Dopo la potenza di fuoco di Conte coi prestiti che dovranno essere restituiti dalle imprese, è scesa in campo l’Europa con il Recovery Fund, la nuova modalità di indebitamento che avviene non più tramite il singolo Stato ma tramite l’intero blocco europeo. L’Europa, come aveva già fatto per il Mes, ha studiato questo sistema in cui gioca il ruolo di istituzione (anche se non esiste lo Stato europeo), e si indebita coi mercati esteri prendendo in prestito soldi, in parte anche con la singola contribuzione dei Paesi membri, a cui consente di investirli dando linee guida che la stessa Europa poi controllerà.

Sostanzialmente il debito è sempre debito, è cambiato solo chi lo gestisce: non più gli Stati singoli che dovrebbero essere in grado di meglio definire quelle che sono le necessità dei propri cittadini ma la Commissione europea, e ne usufruiranno i Paesi che vorranno partecipare a questa operazione.

Premettiamo che l’Italia è un contributore netto da sempre dell’Unione europea: non ha mai ricevuto più soldi di quelli che, autotassandosi, ha dato all’Unione europea e il Recovery Fund non è studiato per invertire questo trend ma, ben che ci vada, per quello che è il regolamento in bozza oggi, al massimo forse l’Italia avrà un po’ di più di quello che verserà.

Cioè se mediamente noi abbiamo versato 10/15 miliardi all’anno e ne abbiamo ricevuti mediamente dieci ‘perdiamo’ sempre una parte di quello che versiamo, nel senso che ci è impossibile ‘riportarli a casa’ perché le normative stringenti, i tempi limitati e la nostra incapacità autoctona (ma già lo sapevamo) di avere un certo tipo di progettualità fanno sì che investiamo più soldi nell’Unione Europea di quelli che riceviamo.

Con il Recovery Fund, se ci va bene, ne riceviamo un po’ di più, ma non arriveremo al 100% quindi, comunque, rimaniamo investitori netti dentro questo nuovo modo d’indebitamento.

Per adesso se n’è solo parlato, si studiano i progetti dei singoli Paesi perché devono rispondere a determinate filosofie, ma digitalizzazione o Green New Deal sono parole d’ordine ormai dell’ultimo decennio e di tutto il globo: se non si fa attenzione, non necessariamente vanno ad aiutare i singoli Paesi perché in un contesto come quello europeo, dove abbiamo 27 Paesi, dopo l’uscita della Gran Bretagna, e 19 Paesi membri che utilizzano l’Euro, è evidente che non tutti possono avere una progettualità identica perché ognuno necessita di interventi particolari a seconda della zona particolare in cui è collocato e delle risorse che ha.

Per esempio, il nostro Paese, in cui si concentra la maggior parte del patrimonio culturale e archeologico del globo, se intende ridare vigore all’economia e considerando che il 15% del Pil è dato dal settore turismo e dall’indotto, è evidente che ha un’esigenza specifica come Paese in quella direzione o no? La filosofia dell’efficientamento energetico si sposa benissimo con l’Italia ma magari non è ciò che ci serve per dare stimolo il più rapidamente possibile alla nostra economia.

Dal punto di vista finanziario mi domando: se un Paese come l’Italia, la Francia o la Germania senza Recovery Fund è ancora in piedi e non è fallito in questo anno di pandemia con perdite a due cifre del Pil, non è possibile, mi chiedo, andare avanti comunque in questo modo? Stampare titoli di stato con eventuali garanzie della Banca Centrale e riuscire ognuno a progettare la sua rinascita economica col supporto della Banca Centrale Europea? Sì o no? Per quale motivo dobbiamo creare un sistema parallelo che raccoglie con ulteriori tasse complessive (per esempio la plastic tax) dei soldi dal blocco di tutti i Paesi per poi ridarli agli stessi Paesi vincolandoli a delle logiche che la Commissione europea decide?

Siamo certi che noi non avremmo fatto meglio per noi stessi?

Il sistema della moneta spartita dalla Bce e gestita dai singoli Paesi è sottoposto alle decisioni dei singoli Parlamenti: per esempio, lo scostamento di bilancio di 32 miliardi per i ristori è approdato in Parlamento e il Parlamento lo ha approvato e il Parlamento è democraticamente eletto. L’istituzione europea e la gestione del Recovery Fund sono più lontani dal controllo democratico rispetto alla gestione delle finanze fatte nei singoli Parlamenti dei singoli Paesi? Ci interessa che le cose siano democratiche?

L’impianto del Recovery Fund ha parecchi punti interrogativi: sarà lo strumento corretto per uscire dalla crisi indotta dagli aspetti sanitari della pandemia?

PAP 20

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