Vegetariani, vegani o carnivori?

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Una storia d’amore e ossessione. Di cuori affamati. Di una madre che decide di preservare la purezza del proprio bambino dalla tossicità del mondo decidendo per lui una nutrizione radicalmente vegana e mettendone a rischio la salute. E’ questo il fulcro del discusso film di Saverio Costanzo, Hungry Hearts. La pellicola, che narra di un malessere esistenziale profondo, ha portato al cinema, forse per la prima volta, il tema del veganesimo. Ma in che cosa consiste esattamente tale fenomeno? Lo abbiamo chiesto alla nutrizionista carpigiana Monica Miselli.
“Occorre innanzitutto distinguere il pensiero filosofico del Veganesimo dall’alimentazione Vegan. In quanto il pensiero filosofico non implica solo l’eliminazione dalla propria alimentazione di cibi animali ma ha anche lo scopo di non partecipare allo sfruttamento, l’uccisione e alla sperimentazione sugli animali, alla caccia e così via. Un vegano etico pertanto rifiuta l’idea che l’uomo abbia il diritto di disporre della vita degli altri animali come meglio crede, quindi rifiuta il consumo di ogni tipo di carne (compresa la carne delle creature marine, ovvero pesce, crostacei e molluschi), latte e derivati, uova, miele e altri prodotti delle api, anche quando presenti in forma di ingredienti in altri alimenti, come prodotti da forno preparati con strutto, pasta all’uovo o brodo di carne. Un vegano etico inoltre indossa solo capi in fibre vegetali e sintetiche, usa cosmetici  e prodotti per la pulizia della casa non testati su animali e possibilmente privi di ingredienti di origine animale e in generale evita l’acquisto di altre merci con parti animali (come divani in pelle, tappeti in pelliccia, ornamenti in avorio, oggetti in osso, pennelli in pelo animale). Invece il Veganesimo come lo intende la maggior parte delle persone è riferito solo all’eliminazione dalla propria alimentazione di qualsiasi tipo di cibo animale (carne, pesce, uova, latte  e tutti i loro derivati come formaggio e burro).  Le proteine vengono quindi introdotte solo attraverso cibi vegetali (cereali, legumi, frutta, verdura, semi oleosi e frutta secca)”.
Un’alimentazione vegana è sana per il nostro organismo?
“Il veganesimo come tutti gli estremismi a mio parere è una forzatura della natura, anche perché essere vegano e sano è molto più difficile che essere un onnivoro sano in quanto per introdurre tutti i nutrienti necessari attraverso cibi esclusivamente vegetali bisogna porre molta attenzione sia alle quantità che alla qualità del cibo. Ad esempio per introdurre 1 grammo di proteine si devono introdurre o 100 grammi di frutta o 50 di verdura o 7,5 grammi di cereali integrali o 5,8 di frutta secca o 4,3 grammi di legumi secchi. Il fabbisogno di proteine varia da 0,5 a 1 grammo di proteine per ogni chilo di peso corporeo. Ma attenzione le proteine vegetali non contengono tutti gli aminoacidi nelle proteine animali. Se la natura ci avesse fatto vegani non dovremmo stare attenti ad alcuni nutrienti che l’organismo non riesce a sintetizzare da solo e che troviamo solo nei cibi animali (ad esempio la Vitamina B12, anche se gli assertori di questo tipo di alimentazione riferiscono che nell’antichità l’uomo era in grado di sintetizzare nel nostro intestino tale vitamina come oggi ancora succede per la vitamina K) ma il fatto è che attualmente il nostro intestino non è più in grado di sintetizzarla. Le due più prestigiose associazioni di nutrizionisti al mondo, l’American Dietetic Association e i Dietitians of Canada, affermano che le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari e adeguate dal punto di vista nutrizionale. Una dieta vegetariana, intesa come latto-ovo-vegetariana, è in grado di soddisfare le raccomandazioni correnti per i nutrienti chiave per i vegetariani, compresi le proteine, il ferro, lo zinco, il calcio, la vitamina D, la riboflavina, la vitamina B12, la vitamina A, gli acidi grassi omega-3 e lo iodio a patto che si riducano anche i cibi che tolgono nutrienti al corpo come cereali raffinati, bevande gassate e zuccherate, alcolici, sale, zuccheri in genere… Per i latto-ovo-vegetariani l’unica carenza realisticamente ipotizzabile è quella di ferro (che comunque è una carenza molto comune nelle donne in età fertile, indipendentemente dal tipo di dieta seguito).
Solo se la dieta latto-ovo-vegetariana non è bilanciata correttamente è possibile incorrere in qualche carenza alimentare. Vale la pena di sottolineare che queste carenze sono facilmente risolvibili modificando qualche elemento della dieta e che raramente richiedono l’uso di integratori. Per i vegani è opportuno seguire qualche regola in più. E’ essenziale introdurre nella propria alimentazione una fonte affidabile di vitamina B12. Perché la carenza di tale vitamina costituisce l’unico reale rischio per la salute di un’alimentazione vegana, e dev’essere conosciuta al fine di poterla prevenire, anche se la sintomatologia clinica necessita di alcuni anni per iniziare a manifestarsi. Va quindi pianificata, al momento della scelta dietetica, anche l’assunzione regolare e continuativa di una fonte affidabile di questa vitamina. Oltre agli integratori si può optare anche per il latte di soia o i cereali fortificati con questa vitamina. Per i vegani le possibili ma infrequenti carenze alimentari riguardano ferro, iodio, zinco, calcio e acidi grassi della famiglia omega-3”.
Alcuni vegani diventano crudisti: di cosa si stratta? A lungo andare un regime alimentare di quel tipo può comportare delle conseguenze nefaste?
“La dieta crudista vegana è costituita da alimenti di origine vegetale non trasformati. I cibi non possono essere esposti a temperature superiori a 40 °C. I piatti tipici di questa dieta comprendono frutta, verdura, semi, cereali e legumi germogliati. E’ una alimentazione altamente limitante specialmente dal punto di vista conviviale spesso chi sceglie questo tipo di alimentazione appartiene a gruppi specifici con convinzioni molto estremiste.  Il crudismo promuove il solo impiego di cibi non cotti: si tratta di una forma semplicistica di approccio salutistico con cui si evidenziano gli svantaggi della cottura dei cibi, senza capirne i vantaggi. I presunti vantaggi salutistici del crudismo non sono mai stati dimostrati scientificamente. Sostanzialmente nasce da un’esagerata paura che un’alimentazione non ottimale possa condurre a seri problemi di tipo organico; non a caso, una citazione che i crudisti amano ripetere è tratta da un testo del Mahatma Gandhi (Regime e riforma alimentare): “Per liberarsi da una malattia, occorre sopprimere l’uso del fuoco nella preparazione del pranzo”.  La dieta crudista è un regime alimentare decisamente sbilanciato (è una dieta iperglicidica) che spinge al consumo di notevoli quantità di frutta e verdure crude; queste indicazioni costringono il soggetto a sottostare alle inevitabili stagionalità di determinati cibi nonché alla tipologia dei cibi stessi (mangiare patate o rape crude non è il massimo). Di fatto, in un regime crudista, si aboliscono tutti gli alimenti industriali e tutti i prodotti da forno. Inoltre, dal momento che devono essere mangiati crudi per i crudisti onnivori si ha anche una forte limitazione del consumo di carni e pesci. I problemi legati a questa dieta possono derivare dalla contaminazione dei cibi da parte di molti microrganismi patogeni quali, per esempio Salmonella, Escherichia Coli, Clostridium botulinum… che vengono eliminati con la cottura.  Peraltro, se in molti casi è vero che la cottura può ridurre il contenuto vitaminico o quello minerale dei cibi, in altri casi la questione è rovesciata; la cottura dell’uovo, per esempio, elimina l’avidina che, legandosi alla biotina (nota anche come vitamina B8) ne impedisce la biodisponibilità, mentre la cottura dei cereali integrali e dei legumi elimina l’acido fitico che si oppone all’assorbimento di diversi minerali”.
A una coppia di genitori vegani o vegetariani consiglierebbe di alimentare il proprio bambino in modo onnivoro oppure no?
“Bisogna distinguere tra vegani e vegetariani. Ai primi sconsiglierei in tutti i modi di nutrire il bimbo in modo vegano, mentre una nutrizione vegetariana se ben composta anche per i bimbi più piccoli non comporta deficit di alcun tipo, anche perché di solito chi segue una dieta vegetariana come stile di vita allatta al seno anche fino ai 2-3 anni di vita del bambino”.
Vegetariani, vegani o "carnivori”: cosa è meglio per il nostro corpo?
“Il buon senso deve sempre prevalere. Tutto può andar bene se fatto con buon senso e conoscenza! Di certo, se la natura ci avesse fatto vegani, una tale alimentazione non causerebbe carenze nutritive che devono essere gestite con integratori creati dall’uomo e non dovrebbe essere il frutto di calcoli precisi e analisi del sangue per essere sicuri di introdurre tutto il necessario. In natura l’animale non pensa a quanto e cosa deve mangiare ma semplicemente si nutre in modo istintivo.  Da sempre l’uomo è stato onnivoro e quindi una piccola quantità di proteine animali del giusto tipo non fa male”. 
A chi non riesce – o non vuole – rinunciare alla carne, può dare alcuni consigli? Quante volte alla settimana si possono consumare proteine animali?
“Se non si vuole rinunciare alla carne si deve prima di tutto considerare il tipo di carne perché è molto diverso mangiare salame, pancetta, salsiccia, costine, braciole o carne bianca e tagli di carne rossa magri (filetto o la semplice fettina). Quindi la cosa migliore sarebbe optare per la carne vera e propria e con pochi grassi e lasciare alle occasioni speciali la carne molto grassa. Lavorata industrialmente come gli insaccati e i salumi.
Il numero di volte dipende quindi dalla qualità e dalla quantità: in linea di massima si ritiene che 2-3 volte la settimana sia accettabile (considerando 2 di carne bianca e 1 tra insaccati o carne rossa)”.
Quali le controindicazioni di un’alimentazione troppo ricca di carne?
“Tante. Tantissime. Dal più comune colesterolo alto all’acido urico alto, dalla steatosi epatica a patologie ben più problematiche come molti tipi di tumori (dallo stomaco all’intestino retto) e patologie cardiovascalori, aterosclerosi, stipsi, artrite, reumatismi, calcoli renali. E, ancora, assunzione di nutriti, nitrati e nitrosammine: prodotti cancerogeni presenti negli insaccati”.
Spopolano le diete iperproteiche (penso ad esempio alla Dukan): quali sono gli effetti più gravi derivanti dal seguire a lungo diete di quel tipo?
“Se la si segue per brevi periodi (2-4 giorni) non fa male ma se protratta per periodi più lunghi può determinare ipercolesterolemia, dolori articolari, intossicazione del fegato, perdita di memoria, difficoltà di concentrazione, stanchezza, debolezza, perdita di capelli e tutti i problemi derivanti da un’alimentazione ricca di proteine animali.
Tutto ciò perché è un tipo di alimentazione totalmente innaturale, ricca di proteine animali, grassi saturi, sale, aromi, coloranti, conservanti e additivi.
Troppo ricca di proteine e scarsissima (se non addirittura priva nei primi periodi) di carboidrati, fonte di energia per eccellenza e carente di sali minerali, vitamine, oligoelementi, antiossidanti e molte altre sostanze che sono alla base del nostro metabolismo per contrastare le malattie e, di conseguenza, sono fondamentali per il nostro benessere psicofisico.  Questo tipo di diete, in un primo momento, fanno dimagrire poi, quando si torna a un’alimentazione normale, si ingrassa molto più di prima poiché il corpo reagisce a questa eccessiva privazione proteggendosi, ovvero accumulando grasso per affrontare un’altra eventuale “carestia”.  Molte persone affrontano questo tipo di alimentazione semplicemente leggendo un libro e senza avere la ben che minima conoscenza dei problemi che ne possono derivare, di come colmare carenze o eccessi. In fondo si sa, chi scrive un libro tira l’acqua al suo mulino e non parla dei possibili effetti negativi ma solo di quelli positivi”.
 

Jessica Bianchi

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