Sicar: la crisi continua

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Nella mente dei carpigiani è ancora presente la vertenza Sicar di due anni fa: oltre 60 ore di sciopero e un presidio permanente dal 31 dicembre 2009 al 22 marzo 2010 (in foto), giorno in cui fu raggiunto e approvato con referendum l’accordo per la cassa integrazione che evitò 42 licenziamenti e permise all’azienda di proseguire l’attività.
La Fiom/Cgil di Carpi, a due anni di distanza, denuncia la presenza di preoccupanti segnali che fanno presagire una situazione di crisi che potrebbe diventare irreversibile per la storica azienda metalmeccanica carpigiana, produttrice di macchine per la lavorazione del legno e recentemente anche di stufe a pellet.
L’azienda dichiara che le difficoltà in cui versa, derivano principalmente da restrizioni finanziarie che non le permettono di far fronte all’acquisto dei materiali necessari per evadere gli ordinativi. E’ paradossale ma è così, si perdono ordini perché non si riesce a produrre!
Le estreme conseguenze di questa crisi, ricadranno ancora una volta sull’occupazione. A ciò si aggiunge anche il rischio per i lavoratori in forza di perdere le tre retribuzioni non ancora percepite e per chi è in cassa integrazione o in mobilità volontaria di perdere le spettanze previste dall’accordo del marzo 2010.
E’ assolutamente necessario che la proprietà immetta risorse e che le banche facciano il proprio dovere sostenendo l’acquisto dei beni necessari per permettere alla Sicar di produrre.
Occorre in ogni caso fare in modo che la produzione e il marchio Sicar restino a Carpi.
Il lavoro e il sapere presente nel distretto rappresentano un valore e una  risorsa da non disperdere. E se la proprietà intende disimpegnarsi, il mercato Sicar deve essere ceduto alle altre aziende del distretto.
Occorre inoltre convertire il settore verso le energie rinnovabili e Sicar lo ha fatto. Ad un certo punto della sua lunga storia ha saputo diversificare la produzione e ha iniziato a produrre stufe che si alimentano con combustibile a pellet, ricavato dal recupero degli scarti legnosi.
E’ possibile pensare all’integrazione e al potenziamento di questo stesso ciclo? Prevedere la fabbricazione nel distretto di impianti che producono il combustibile per queste stufe?
Chi è in grado di fare macchine per produrre serramenti di alta qualità, sa sicuramente come fare per produrre dei cilindretti di legno (il pellet, appunto). Trasformando in combustibile gli scarti legnosi industriali e le potature agricole, si creerebbe un ciclo integrato di energie rinnovabili a km zero, indirizzato ai privati, alle imprese, oppure inserito nel livello di eccellenza che rappresenta il distretto della raccolta e valorizzazione dei rifiuti situato nella zona nord di Carpi.
Si tratta di un esempio che deve rappresentare la prospettiva e il nuovo paradigma per uscire dalla crisi. Per la Fiom/Cgil è inaccettabile pensare di uscire dalla crisi comprimendo diritti, salari e libertà.

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