Ancora un caso di cani illegalmente importati dal Paesi dell’Est Europa: due donne sono state denunciate e 56 cani di razza chihuahua sono stati sequestrati. Le due, titolari di un allevamento della provincia di Brescia, avevano messo in piedi un fiorente business legato all’importazione degli animali. Dopo aver falsificato la documentazione e aver apposto falsi microchip, i cani venivano rivenduti, assicurando ingenti guadagni. A scoprirlo i Carabinieri della Stazione di Correggio, in collaborazione con i colleghi della Stazione Forestale di Reggio Emilia, grazie a un’indagine avviata mesi fa e coordinata della Procura della Repubblica. I cani, stipati in piccole scatole di cartone, venivano condotti in Italia dopo lunghi viaggi e venivano portati all’allevamento in orari improbabili; in alcuni casi, erano le stesse donne che si recavano all’estero con due auto prese a noleggio, facendo il viaggio di rientro, dopo aver prelevato gli animali in un’area di servizio autostradale, viaggiando a debita distanza una dall’altra affinché l’auto davanti potesse segnalare a quella che la seguiva l’eventuale presenza di controlli da parte delle forze dell’ordine. Conclusa la fase preliminare, i Carabinieri, venerdì scorso, hanno eseguito una serie di perquisizioni nella sede legale dell’allevamento e in altri luoghi nella disponibilità delle due indagate, nei comuni di Luzzara, Correggio, Pavullo nel Frignano e Ponte San Marco Calcinato, che hanno consentito di rinvenire e sequestrare 56 cani chihuahua, 150 pergamene pedigree, di cui 3 già abbinate a microchip non inoculato, numerose confezioni di farmaci ad uso ospedaliero, presidi medico-chirurgici, materiali per medicazione e materiale sanitario per la pulizia, passaporti rilasciati da autorità straniere a favore di cani non presenti nell’allevamento, libretti veterinari associati ad animali non presenti, libretti veterinari in bianco ed anche un blocco di carta intestata “Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna – Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena”, usato verosimilmente per la falsificazione di certificazioni. Le due indagate dovranno ora rispondere dinanzi all’Autorità Giudiziaria reggiana dei reati di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, esercizio abusivo di una professione e frode nell’esercizio del commercio.
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