L’assegno divorzile ha la finalità di garantire al coniuge più povero di essere autosufficiente e di potersi mantenere, sempre che tale situazione non dipenda dal fatto che non abbia voglia di lavorare. La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata più volte in merito, chiarendo in concreto quali sono le ipotesi in cui tale assegno spetta, anche con particolare riferimento alle casistiche delle ex mogli casalinghe. L’assegno viene riconosciuto ad esempio a chi è anziano ed è per questo fuori dal mercato del lavoro, a chi è in condizioni di salute tali da non poter guadagnare o a chi abbia provato di avere inviato il curriculum alle aziende, di essersi iscritto alle liste di collocamento, di avere partecipato a bandi e concorsi, tuttavia senza esito. Anche coloro che per molti anni si sono occupati della famiglia, delle faccende domestiche e dei figli, rinunciando alla loro carriera ed agevolando allo stesso tempo quella dell’ex coniuge, vi hanno diritto. L’ex moglie casalinga che durante il matrimonio si è dedicata in via esclusiva alla famiglia, consentendo così all’ex marito di lavorare e di arricchirsi ha diritto ad un assegno proporzionale a tale ricchezza, proprio perché ha favorito la carriera dell’ex marito e la formazione del patrimonio della famiglia. La Cassazione ha stabilito inoltre che, per ottenere l’assegno di divorzio, è necessario che il coniuge che lo richiede dimostri di avere rinunciato a concrete opportunità professionali. Va tenuto nel contempo presente che la Suprema Corte, nel decidere se sussista o meno il diritto all’assegno in questione, dà rilevanza anche ai rapporti lavorativi irregolari e non dichiarati; nel senso che l’ex coniuge disoccupato, ma che di fatto lavora in nero, non ha diritto all’assegno di divorzio. Anche la giovane età e la concreta capacità lavorativa possono costituire motivo di diniego dell’assegno.
Avvocato Laura Vincenzi