La dislessia continua a raccontarsi

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Un progetto di sostegno a ragazzi dislessici non solo deve poterli mettere in condizione di raggiungere buone prestazioni a livello scolastico ma si deve preoccupare di migliorare l’autostima e la coscienza di sé attraverso una maggior consapevolezza delle loro capacità e competenze.  Il Centro Educativo Up – prendo organizza, con cadenza biennale, un convegno per fare il punto e riflettere sul tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento: martedì 26 aprile, alle 20,30, presso l’Auditorium Loria (via Rodolfo Pio,1) è organizzato l’incontro a ingresso gratuito La dislessia continua a raccontarsi rivolto a genitori, educatori, insegnanti e ragazzi dislessici. Dopo il saluto dell’assessore dell’Unione Terre d’Argine Paola Guerzoni, interverranno: le logopediste Rita Mari e Silvia Corradini su Cos’è cambiato dopo la legge 170? Lavoro di rete e percorsi personalizzati per il successo scolastico di ragazzi con DSA; la psicologa Monica Bertelli su L’altra faccia della dislessia: aspetti emotivi e motivazionali legati ai DSA; Alberto Righi, tecnico dell’apprendimento e membro del Gruppo Giovani dell’Associazione Italiana Dislessia su Le nuvole non possono annientare il sole: la mia dislessia. Le conclusioni sono affidate a Valentina Dazzi, pedagogista, coordinatrice del Centro Educativo Up-Prendo, che si è resa disponibile, insieme all’operatore Nicolò Rovatti, per approfondire alcuni aspetti del lavoro di sostegno ai ragazzi.
Tempo fa nemmeno si conoscevano i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, oggi tutti sanno di cosa si sta parlando quando si fa riferimento a dislessia o disgrafia.
Cos’è cambiato rispetto al passato e come si spiega questo incremento di diagnosi?
“Le logopediste Mari e Corradini affronteranno questo aspetto chiarendo da subito che non si tratta di una moda. Oggi le conoscenze a disposizione permettono di arrivare a diagnosi precoci a cui non si poteva arrivare anni fa e gli strumenti per individuare i problemi si sono affinati. C’è più informazione e anche più formazione tra gli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria che possono contare su indici di rischio più chiari.  Non esiste nessun nesso, invece, con il momento storico e i cambiamenti globali perché non intervengono fattori ambientali, né sociali, né familiari a determinare il problema che si identifica come una neuro diversità e non come una malattia”.
Che tipo di percorso viene proposto?
“Dopo la diagnosi da parte della Neuropsichiatria, le famiglie possono avvalersi di una rete operativa costruita negli anni sul territorio dell’Unione delle Terre d’Argine: i bambini più piccoli possono intraprendere un percorso di psicomotricità e di logopedia, per i più grandi è previsto un percorso di compensazione per favorire l’adozione di un metodo di studio efficace per il singolo mentre la scuola elabora un Piano Didattico Personalizzato (PDP) che prevede strategie dispensative e compensative”.
E’ vero che Up-Prendo è un centro di riferimento a livello nazionale?
“L’associazione Effatà Onlus attivò il progetto nel 2004 con grande lungimiranza credendo già allora nell’importanza di un percorso specifico individuale per superare le difficoltà nella lettura, nella scrittura e nel calcolo. In più di dieci anni Up-Prendo è diventato un modello da seguire: lo dimostrano infatti le numerose collaborazioni create in tutta Italia nonché riconoscimenti da parte di clinici conosciuti a livello internazionale. Il principio che ancora ispira la nostra attività è che nessun dislessico è uguale a un altro ma ci sono strategie efficaci per tutti. Nel rispetto delle diversità si lavora in piccoli gruppi di tre ragazzi che hanno a disposizione un operatore e frequentano il centro due pomeriggi alla settimana perché l’obiettivo resta quello dell’autonomia”.
Quando termina il percorso?
“Una volta raggiunta l’autonomia, che non include obiettivi esclusivamente didattici, bensì educativi. Buone prestazioni a livello scolastico si devono accompagnare a percorsi extra-scolastici che valorizzino le loro capacità e abilità e rinforzino la loro autostima per ridurre i vissuti e le rappresentazioni fallimentari che i ragazzi si portano dietro”.
Sara Gelli

 

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