Carpi si riconosce in un romanzo

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Già a partire dal titolo, l’ultimo libro di Bianca Marconero rende omaggio al cinema, perché La prima cosa bella è stato un film nel 2009 per la regia di Paolo Virzì e poi una canzone di Malika Ayane nel 2010. La quarantenne scrittrice carpigiana, che si cela dietro lo pseudonimo, dopo aver incantato i lettori con il fantasy Albion, si cimenta in un romanzo contemporaneo che è ambientato a Carpi: anche se la città non viene mai esplicitamente menzionata, è alla Corte dei Pio che riconducono i numerosi indizi. “Nella mia città c’è una piazza stupenda, portici bellissimi e un castello che parla di fasti antichi e leggende perdute. Come tutti i castelli è un luogo magico e da bambini io e il mio gemello non facevamo che imbucarci al Museo civico o in quello al Deportato o, ancora, in biblioteca, solo per il privilegio di camminare sotto quei voltoni, a far finta di vivere in un altro tempo” ricorda il giovane protagonista Dante Berlinghieri (“una specie di Daniel Radcliffe più riccio, più scuro, più alto e più corpulento, ma decisamente meno predestinato alla gloria”) che con gli amici si dà appuntamento al Caffè Martini (“Il bar era il solito, ottone e legno scuro sul bancone, tovaglie cremisi sui tavolini”) oppure al Camelot’s Knight, il pub la cui descrizione ricorda incredibilmente quella del Queen’s Tavern di via Alghisi. E’ la città degli Anni Novanta quella a cui ci riporta Bianca Marconero, che nel suo romanzo indica come ritrovo dei ragazzi il negozio di fumetti Comics di via Nova.
Alle prese con l’ultimo esame universitario, il poco più che ventenne protagonista Dante si ritrova promosso al ruolo di regista di un film amatoriale che diventa per i ragazzi e le ragazze coinvolti nel progetto anche il pretesto per incontrarsi e vivere esperienze di amicizie e amori: Fiamma, Isabella e Beatrice sono l’incarnazione delle diverse facce con cui l’amore si manifesta a quell’età. Le pagine scorrono via veloci perché riportano alla mente i ricordi dei vent’anni e per una modalità di scrittura che ancora una volta ricalca le riprese di un film. La narrazione procede, infatti, per scene numerate e spezzate da un intervallo: un sottotitolo accompagna l’indicazione della scena e ogni volta viene riportata la citazione da un film.
E’ evidente che a quei capolavori sia riconducibile l’intera formazione dell’autrice che è cresciuta tra i film sin da piccola da E.t. a Guerre Stellari, da Effetto Notte ad Apollo 13, da Il Signore degli Anelli a Nuovo Cinema Paradiso: ne deriva una narrazione estremamente coinvolgente perché si spinge oltre attraverso l’evocazione di un immaginario che appartiene al cinema.
Si tratta di un libro completamente diverso rispetto al fantasy di Albion ma Bianca Marconero non ha rinunciato a far indossare la t-shirt della tavola periodica a uno dei suoi protagonisti: questa è l’unica concessione dell’autrice che si sperimenta in un genere completamente diverso. Nonostante lo pseudonimo, resta il sospetto che la quarantenne carpigiana abbia lasciato qualche traccia autobiografica soprattutto quando, parlando di Beatrice, ne descrive il modo in cui “tormentava i polsi della felpa, coprendosi il dorso delle mani, oppure le pantofole buffe che indossava, o quei calzini a righe” da cui Dante Berlinghieri non riuscirà a staccare lo sguardo. L’editore Newton Compton ha rilasciato, per ora, solo l’edizione digitale, le copie di carta arriveranno in libreria in una collana che uscirà  a fine primavera.
Sara Gelli

 

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