Nella terra dei canguri

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L’Australia, un territorio tanto lontano quanto affascinante dove sembra ancora possibile realizzare sogni e aspirazioni, specialmente se si è giovani e intraprendenti.
Una meta entrata nell’immaginario collettivo anche di tanti universitari che scelgono di studiare per un certo periodo in una realtà completamente diversa dalla propria, come ha fatto la 22enne carpigiana Elisa Benevelli, prossima alla laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Trieste: è da poco rientrata da un semestre di studio a Melbourne grazie a un progetto di mobilità internazionale.
Come si svolgeva la tua vita lì? Quali differenze hai riscontrato nello  studio in Italia e in Australia?
“Dopo la fase di assestamento, la mia vita si svolgeva abbastanza regolarmente ma in una città che ha dell’inverosimile: così enorme e diversa. I miei orari all’università erano piuttosto dilatati nell’arco della settimana e mi permettevano di fare sport, vedere gli amici e visitare i musei.  Infatti, i ritmi in Australia sono molto più rilassati rispetto all’Italia. Le differenze sono a dir poco abissali. Essendo Melbourne la seconda città in Australia per numero di abitanti, le dimensioni stesse del campus erano da capogiro.
Per le prime due settimane dovevo portare sempre con me mappe della città e del campus per evitare di perdermi e correvo da un’aula all’altra con tempi di percorrenza anche di parecchi minuti. Quanto al sistema educativo, è tutto molto più digitalizzato e gran parte del lavoro viene svolto online.  Le lezioni erano suddivise tra lectures, l’equivalente delle nostre lezioni frontali con il professore che fornisce i contenuti,  e tutorials, ossia i gruppi di lavoro. Questi ultimi erano l’unica vera occasione per un confronto diretto con la classe e il professore o i suoi assistenti, e l’unico momento in cui non ci si sentisse solamente un numero o sopraffatti dalla totalità.  Per intenderci, questa sorta di spersonalizzazione nell’ambito universitario è un fenomeno frequente anche in Italia, soprattutto negli atenei più grandi. Tuttavia, non avevo mai vissuto qualcosa di simile prima: Gorizia è una città piccola e quanto all’università i suoi numeri non hanno niente a che vedere con il distretto universitario di Melbourne. Proprio in conseguenza del notevole numero di studenti, in Australia non esistono veri e propri esami orali e la maggior parte degli esami consta di progetti di ricerca, almeno per quanto riguarda la mia esperienza. Infine, il sistema australiano mi pare che indirizzi più concretamente e direttamente al futuro professionale”.
Si sente anche lì la crisi?
“Parlando con chi in Australia ci vive da sempre, la crisi esiste ed è tangibile, ma da straniera posso dire che nel mio piccolo non l’ho avvertita. Ciò che mi ha sorpresa è stato scoprire che anche l’Australia, all’apparenza perfettamente funzionante ed efficiente, ha i propri problemi. Primo fra tutti, il grande divario sociale esistente tra le comunità discendenti dalle popolazioni aborigene e il resto della popolazione. Non è un argomento di cui si parla con tranquillità,  forse anche in ragione del fatto che non è un fenomeno che interessa direttamente le grandi città ed è vissuto diversamente a seconda delle zone”.
L’esperienza più bella e significativa che hai vissuto là?
“Non c’è un’esperienza più significativa di un’altra, perché ogni posto che ho visitato mi ha lasciato qualcosa. Forse, le sensazioni più forti le ho provate in Tasmania, almeno dal punto di vista emotivo. E’ uno dei pochi luoghi in cui la natura è più importante dell’universo umano. Come tutta l’Australia, la Tasmania è selvaggia, ma a differenza di altre zone, è l’uomo a essersi adattato alla natura e non il contrario. Standovi per una settimana durante la pausa universitaria per le vacanze di Pasqua, ho potuto apprezzare appieno il significato di vivere il momento, di immergersi nel luogo. Ho dato da mangiare ai canguri, mi sono arrampicata per sentieri a malapena battuti, ho camminato per chilometri e non ne avevo mai abbastanza. Il senso di libertà e di perfezione che quei luoghi comunicano è disarmante, al punto che a fatica riesco a descriverlo. Credo però che l’esperienza più significativa sia stata l’idea del viaggio in sé, la scoperta, così come la voglia di rischiare e mettersi in gioco. L’Australia è viaggio e avventura, è sapersela cavare anche quando hai perso l’ultimo autobus che ti riporterà in città, distante chilometri, quando sai che dovrai adattarti e saper prendere l’occasione quando ti si presenta. E’ l’Australia che mi ha insegnato che il viaggio non è la meta, ma il percorso che conduce a quella destinazione”.
Progetti per il futuro?
“Attualmente sto scrivendo la tesi di laurea, ma ho tanti progetti.  Sono stata ammessa in un’università londinese e mi trasferirò lì per frequentare un master in Conflitto, Sicurezza e Sviluppo. Partirò appena laureata, a fine settembre. Non ho idea di cosa aspettarmi esattamente, perché un’altra cosa che l’esperienza australiana mi ha insegnato è di gustarsi attimo per attimo ciò che si vive senza pensare troppo al domani, anche se con questo non voglio dire che non si debbano fare progetti o avere ambizioni: le due realtà devono coesistere, anche perché, spesso, ciò che stiamo vivendo è ben più sorprendente di quello che avremmo immaginato”.
Chiara Sorrentino
 

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