Meritiamo un protocollo anti-estorsione!

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Per la Provincia di Caserta questo è un anno difficile. Gli episodi preoccupanti non fanno che ripetersi, ultimamente, e con sempre maggiore frequenza. C’era chi garantiva, rassicurante, che ne stessimo uscendo: invece eccoci qui, ancora una volta allo stesso punto, quello di sempre.

Una busta con tre proiettili e minacce – come se le pallottole non contenessero già eloquenza sufficiente – è stata recapitata alla Cna; l’oscurità della notte rischiarata dalla luce di tre furgoni dati alle fiamme; imprese sospette che si aggiudicano appalti sul fotovoltaico, sporcando quella che dovrebbe essere un’energia pulita; due casalesi arrestati per estorsione e associazione camorristica che si sono fatti consegnare 50mila euro dal titolare di una palestra; le minacce a un cronista locale, costretto ad avvalersi della protezione di una scorta.

E si potrebbe proseguire. Peccato che no, non siamo nel casertano. Questi episodi avvengono nelle nostre terre: Modena, Vignola, Soliera. “Non si tratta più di infiltrazioni mafiose. Questo è radicamento. Modena sta diventando una provincia intrisa di mafia” ha scritto Giuditta Pini, dei Giovani Democratici modenesi. “E’ l’ennesimo segnale di allarme per quanto riguarda le infiltrazioni malavitose nel nostro territorio, e richiede quindi una risposta ferma da parte di tutti, a partire dalle istituzioni” è invece il commento del presidente della Provincia, Emilio Sabattini. Quando gli episodi malavitosi vengono alla luce, il coro che esprime solidarietà alle vittime è, giustamente, unanime. Ma non basta. Non più.

Perché per ogni episodio che emerge, probabilmente altri due si consumano nell’ombra, coperti da un velo di omertà e paura. Occorre reagire, prendere decisioni importanti, alla luce del sole. Dare segnali chiari, precisi, al di là e oltre le parole. Solo in questo modo la criminalità organizzata inizierà realmente a comprendere che il territorio la rifiuta come un agente patogeno da espellere. La risposta delle Forze dell’Ordine è importante. Fondamentale, anzi. Ma non è sufficiente se la società civile non inizia a formare da sè gli anticorpi culturali, morali, civili… non basta un esercito ad arrestare il fenomeno.

Per questo oggi lanciamo, dalle pagine del nostro giornale, un messaggio nella bottiglia, destinato a chiunque voglia raccoglierlo. Tutti devono fare la propria parte: le istituzioni, i sindacati, le associazioni di categoria, quelle dei professionisti, la scuola e i singoli cittadini. Gli esempi non mancano. La Confindustria siciliana ha varato, nel 2007, una norma anti-pizzo per la quale sono espulsi dall’associazione tutti gli imprenditori che pagano senza ribellarsi alla criminalità organizzata. Questa, da sola, non può essere la soluzione. Non si può pretendere che tutti siano eroi. Ma affiancata da un numero verde anti racket, al quale risponde personale integerrimo, di provata onestà e degno di fiducia, può davvero configurarsi come un ‘no’ urlato in faccia a chi vuole fare di queste terre un avamposto del crimine organizzato.

Certo, per decidere di farlo occorrono due cose fondamentali: il coraggio di uscire dagli schermi, di sperimentare qualcosa di inedito per la Provincia, di farsi avanti oltre le dichiarazioni d’intenti; la consapevolezza che, più tempo si perde, più difficile sarà tornare indietro. Ma se Parigi valeva bene una messa, Modena non merita almeno un protocollo anti-estorsione? Borges ha detto che “qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà d’un solo momento: quello in cui l’uomo sa per sempre chi è”. Forse anche per tutti noi, nessuno escluso, quel momento è arrivato. L’immagine che ci restituirà lo specchio, negli anni a venire, dipende soltanto da noi.

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