E’ stato grazie all’emiliano Varenne, uno dei più grandi trottatori di tutti i tempi, che milioni di italiani hanno iniziato a sognare con le gare di trotto. Tra questi anche Calogero Di Maio (per gli amici Fabio o Callo), 48 anni, nato a Palermo ma residente a Carpi da 35 anni, socio di un’importante azienda di trasporti carpigiana: appena ha l’occasione indossa il casco da driver di trotto per gareggiare nella categoria Gentleman, ovvero quella dei proprietari, che pur essendo a un livello amatoriale corrono con le stesse regole dei professionisti.
“Ho tre splendidi esemplari: due femmine adulte che si chiamano Sanrunner (6 anni) e Toshiba AS (5 anni), e l’ultima arrivata, la puledra Zima AS, che comincerà a correre all’inizio del 2018. Da 12 anni ho una scuderia ma ho iniziato a fare corse di trotto solo un anno fa, quando ho ottenuto la licenza dopo aver superato l’esame scritto e di pratica presso il Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali): eravamo in 200 a Roma provenienti da tutta Italia. Ho realizzato un sogno”.
Come nasce questa passione?
“Quando ero bambino e abitavo ancora in Sicilia, mio fratello possedeva una scuderia a Palermo. E’ lui che mi ha trasmesso l’entusiasmo per i cavalli e l’ippica. Mi portava sempre con lui all’ippodromo per assistere alle gare e io rimanevo affascinato dalla potenza, l’eleganza e l’intelligenza di questi stupendi animali”.
Può spiegarci brevemente che cosa sono le corse al trotto?
“Il trotto è sia una delle andature naturali del cavallo in cui l’appoggio dei bipedi è simultaneo diagonalmente che una specialità dell’ippica che si svolge su pista a fondo sabbioso in cui il cavallo trottatore traina un sulky a due ruote (un sediolo attaccato al cavallo), sul quale siede il driver (o monté). Nelle corse al trotto, i cavalli raggiungono una velocità sino ai 55 km/h circa e corrono su distanze comprese di solito tra i 1.600 e il 2.400 metri. In rari casi si arriva a distanze superiori, come per esempio nel Prix d’Amerique che si corre ogni anno all’ippodromo parigino di Vincennes sulla distanza dei 2.700 metri”.
Che caratteristiche deve avere un buon trottatore?
“Ognuno vede il cavallo in maniera diversa: deve scoccare una scintilla. Però è ovvio che nel momento della scelta ci sono alcuni criteri oggettivi di valutazione. Innanzitutto si guarda la genealogia paterna e materna, per verificare che i puledri discendano da cavalli di ottima qualità. Ovvio che più i genitori sono forti, più il cavallo acquista valore. Per esempio, gli oltre duemila baby Varenne sparsi per il mondo valgono già alla nascita migliaia di euro.
Poi è necessario ispezionare i puledri dal punto di vista fisico, osservandone le proporzioni e l’equilibrio e soffermandosi in particolare sul collo (che deve avere una lunghezza giusta) e sui quarti anteriori e posteriori che devono accordarsi in modo regolare al torace. Infine, il cavallo dovrebbe essere docile e facile da guidare. E’ lui che deve insegnare a correre al suo driver e non il contrario”.
Come tutti gli atleti, immagino che anche i cavalli debbano seguire un programma di allenamento costante?
“Sì, i miei cavalli si allenano tutti i giorni con Diego Dall’Olio a Modena. E’ importante alternare i momenti di esercizio, più o meno intenso, a quelli di riposo, e fornire loro la giusta alimentazione per mantenerli forti e in salute”.
Quali sono le ultime gare a cui ha partecipato?
“Avendo iniziato a correre solo un anno fa, ho solo 12 corse in carriera, ma sono andate bene: ho all’attivo una vittoria e 7 piazzamenti. Le ultime gare a cui ho partecipato sono state a Bologna e a Milano circa 10 giorni fa. In entrambe mi sono piazzato terzo e ottenere questo risultato all’ippodromo di Milano dove ci sono cavalli di superba qualità vuol dire correre bene. Per il futuro inseguo il sogno di trovare il puledro che possa diventare un campione capace di vincere il Derby del Trotto di Roma o persino il Prix d’Amerique. Magari un nuovo Varenne”.
Chiara Sorrentino