Da portatori di Pace a economia di Guerra

La mancata elezione di Merz a cancelliere, tradito da 18 franchi tiratori, è un fulmine a ciel sereno in Europa... La rubrica di PAP20

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La mancata elezione di Merz a cancelliere, tradito da 18 franchi tiratori, è un fulmine a ciel sereno in Europa a testimonianza di un passaggio politico frammentato e teso. Se l’Unione sperava nella ripresa di un ruolo guida della Germania, questo stop potrebbe rivelarsi non solo un contrattempo, ma determinare una crisi e bloccare il cammino verso una maggior solidità, soprattutto in politica estera.

L’Unione non è stata in grado di dare risposte ai cittadini europei. Il Patto di stabilità e crescita ha prodotto l’effetto contrario impedendo ai Paesi di crescere e introducendo una grande austerità.

La stessa Germania con la riforma costituzionale della regola sul debito si avvia ad affossare il Patto di stabilità che lei stessa aveva imposto col diktat: non si può spendere più di ciò che si incassa. Ora il cambio di rotta per cominciare a crescere a deficit, che significa credere nella propria nazione mettendo a disposizione un’eccedenza di spese rispetto alle entrate, nella consapevolezza che produrrà una crescita. In Europa i tedeschi sono stati da sempre allergici a questo concetto.

Una domanda allora sorge spontanea: ma il progetto europeo quale era? Quello di deprimere le economie senza potersi dotare delle risorse necessarie a soddisfare un bisogno per crescere, per fare ricerca, per la scolarizzazione? Se ora viene eliminato il Patto di stabilità, in primis dai tedeschi, per permettere la crescita, occorre che ci poniamo la domanda.

Hanno il sapore del controsenso anche le scelte che oggi vengono portate avanti in Unione europea. Siamo i primi a normare diversi settori, a partire dalle questioni ambientali, in un contesto globale fortemente voluto dall’Unione che non ha investito su sé stessa, sui redditi dei propri cittadini e su un mercato interno. Dunque il paradosso di un’Europa che ha scelto di esportare, ha depresso il mercato interno e si obbliga a produrre nel rispetto di una serie di regole che si è imposta. Ecco il disastro perfetto. L’eccesso di regole pesa sul prodotto che perde competitività mentre gli altri mercati si attrezzano per produrre, sottraendo all’Europa quel poco di consumo interno che è rimasto.

Il progetto europeo all’inizio sembrava diverso ma si è perso di vista il fatto che non si cresceva più e non c’è altra soluzione che cambiare completamente i paradigmi utilizzati fino ad oggi per indirizzare l’industria e lo sviluppo di tutti i paesi europei.

Se per ridare vigore alle imprese (soprattutto quelle old style) si pensa al riarmo non c’è solo un progetto da rivedere perché questa non può essere la soluzione: ben che vada si sprecano risorse, materie prime e lavoro per tenere delle armi a magazzino, nel peggiore degli scenari i tecnocrati europei, senza soluzioni per la ripresa industriale, per la geopolitica, per il confronto con altri mercati in merito ai dazi, ci porterebbero al baratro

PAP20

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