Salvataggio dei Pronto Soccorso: la Regione annuncia una riforma dell’Emergenza Urgenza

A giugno, annuncia la Regione, diventerà operativa una riorganizzazione complessiva dell’Emergenza - Urgenza. “Non vogliamo prendere in considerazione l’opzione di chiudere dei Ps. Ai cittadini però diciamo: se avete una patologia tempo dipendente noi ci impegniamo a portarvi nella struttura più adeguata nel minor tempo possibile ma se avete un bisogno urgente che non mette a rischio la vostra vita potrete contare su una casa della comunità, un punto di primo intervento o un ambulatorio medico associato… in grado di prendervi in carico vicino a casa”, ha spiegato l’assessore Donini. Sulla carta tutto ineccepibile ma come sarà possibile dare gambe a questa riforma a fronte della continua emorragia di medici e infermieri dai Pronto Soccorso? Domanda lecita anche in considerazione dell’annuncio della stessa Regione di voler mettere la parola fine all’impiego dei medici a gettone entro la fine dell’anno. Chi prenderà il loro posto? Come verrà assicurata la tenuta dei reparti in affanno a partire dai Pronto Soccorso per i quali le Ausl continuano a ripetere che non si riescono a reperire professionisti?

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Oltre a dover far quadrare i conti, a fronte dei mancati rimborsi del Governo centrale sui versanti spese Covid e caro bollette, la Regione Emilia Romagna è alle prese con una criticità ancora maggiore: la carenza sempre più pressante di personale medico e infermieristico. “Prima riformiamo il sistema, prima la nostra regione potrà uscire da una situazione post pandemica assai critica” ha commentato l’assessore alla Sanità, Raffaele Donini. 

A giugno diventerà operativa una riorganizzazione complessiva dell’Emergenza – Urgenza, “una vera e propria riforma il cui obiettivo è quello da un lato di migliorare ulteriormente le performance legate agli interventi tempo dipendenti per salvare la vita dei cittadini anche attraverso la rimodulazione del 118 e l’upgrade della tecnologia su tutti i mezzi avanzati di soccorso e dall’altro di gestire le prestazioni di carattere non emergenziale, che rappresentano oltre il 70% dell’attività complessiva dei Pronto Soccorso, al di fuori degli ospedali”, aggiunge Donini. 

Come? I codici bianchi e verdi, ovvero le urgenze a bassa complessità, dovranno essere presi in carico dal territorio “sulla base di un accordo che proporremo ai medici di medicina generale e a quelli di continuità assistenziale (guardia medica). L’idea è quella di  costruire una rete di Centri di Assistenza e Urgenza, ovvero strutture collocate sul territorio che possano gestire tali bisogni in 12, 24 ore, di giorno e di notte. Case della comunità, ambulatori… insomma spazi già esistenti perché di nuovi mattoni ce ne sono già abbastanza in programma. O, in alternativa, riceveranno aiuto direttamente al proprio domicilio dalle equipe medico-infermieristiche, unità operative già ampiamente sperimentate durante le fasi più acute della pandemia. Entro marzo 2024 poi i cittadini potranno beneficiare anche della centrale 116117, il numero unico europeo per l’accesso alle cure mediche non urgenti e ad altri servizi sanitari territoriali a bassa intensità/priorità di cura per prenotare una prestazione: il paziente verrà valutato e indirizzato alla struttura giusta per lui. Un’organizzazione, quella che stiamo approntando, che permetterà di alleggerire la pressione sugli ospedali e di agevolare i cittadini fornendo loro le cure adeguate nei centri più vicini, senza lunghe attese o addirittura a casa”.

Sulla carta tutto ineccepibile ma come sarà possibile dare gambe a questa riforma a fronte della continua emorragia di medici e infermieri dai Pronto Soccorso? Domanda lecita anche in considerazione dell’annuncio della stessa Regione di voler mettere la parola fine all’impiego dei medici a gettone entro la fine dell’anno. Chi prenderà il loro posto? Come verrà assicurata la tenuta dei reparti in affanno a partire dai Pronto Soccorso per i quali le Ausl continuano a ripetere che non si riescono a reperire professionisti? 

“Abbiamo apprezzato l’impianto normativo proposto dal ministro Schillaci poiché disincentiva il ricorso ai gettonisti; noi rispetto ad altre realtà ne abbiamo fatto un uso parsimonioso ma entro il 2023 dismetteremo tali esternalizzazioni anche in ragione del fatto che il decreto legge consente un ampliamento della platea di professionisti che possono accedere al servizio di emergenza-urgenza e alle procedure concorsuali finalizzate alla stabilizzazione per far fronte all’attuale carenza. Già dalle prossime settimane – ha dichiarato Donini – le Ausl in sofferenza potranno mettere in campo misure coerenti col piano di riassetto che stiamo mettendo a punto”.

Il Decreto legge nazionale prevede che chi ha maturato almeno tre anni di servizio anche non continuativo presso i servizi di emergenza-urgenza è ammesso a partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza sanitaria del settore, anche se privo del relativo diploma di specializzazione. Inoltre, fino al 31 dicembre 2025, in via sperimentale, gli specializzandi possono assumere, su base volontaria e al di fuori dall’orario dedicato alla formazione, incarichi libero-professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del servizio sanitario nazionale, per un massimo di 8 ore settimanali. E, ancora, fino alla fine del 2025 il personale, dipendente e convenzionato, operante nei servizi di emergenza-urgenza in possesso dei requisiti per il pensionamento anticipato può chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da orario pieno a orario ridotto o parziale.

Sarà abbastanza per colmare il vuoto attuale? 

“Noi non vogliamo prendere in considerazione l’opzione di chiudere dei Ps. Ai cittadini però diciamo: se avete una patologia tempo dipendente noi ci impegniamo a portarvi nella struttura più adeguata nel minor tempo possibile ma se avete un bisogno urgente che non mette a rischio la vostra vita potrete contare su una casa della comunità, un punto di primo intervento o un ambulatorio medico associato… in grado di prendervi in carico vicino a casa”, conclude l’assessore Donini.

A fronte di nuovi bisogni e complessità occorrono risposte innovative, a partire dal rafforzamento della medicina di prossimità: dal potenziamento delle Case della salute e degli Ospedali di Comunità (Osco) al rafforzamento dell’assistenza domiciliare per gli over 65,  all’istituzione dell’Infermiere di Famiglia per garantire una presenza continuativa nel territorio di riferimento facilitando la presa in carico, la continuità dell’assistenza, l’integrazione e la collaborazione tra le figure professionali e i servizi sociosanitari. 

La sfida è complessa, saremo all’altezza?

Jessica Bianchi