La benevolenza è un boomerang che fa sempre ritorno. E’ uscito il libro del dottor Giorgio Magnani

Cosa accade se la benevolenza entra di diritto nel processo di Cura, nella relazione terapeutica? Cosa possono generare ascolto, tolleranza e sopportazione anche dei pazienti più scomodi? Le parole per dirlo - La benevolenza in una manciata di racconti (Compagnia editoriale Aliberti), il libro curato dallo psichiatra e psicoterapeuta Giorgio Magnani, sparge semi di speranza. Una piccola ma stimolante opera che anche i giovani medici in formazione dovrebbero leggere per capire che il “come” è importante tanto quanto il “cosa”. Per imparare a non restare indifferenti al silenzio o al dolore ma, al contrario, a esercitare uno sguardo che, “come una mano che delicatamente ti sostiene la testa, ti fa sentire una presenza stabile, che ci sarà sempre al bisogno”.

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Giorgio Magnani

Le storie belle, si sa, spesso nascono i punta di piedi. In modo del tutto inaspettato. 

Le parole per dirlo – La benevolenza in una manciata di racconti (Compagnia editoriale Aliberti), il libro curato dallo psichiatra e psicoterapeuta Giorgio Magnani è sbocciato così, quasi per caso.

Ero presente quando il dottor Magnani, per anni colonna portante del Centro di Salute Mentale di Carpi, al convegno Viaggio nella salute mentale delle donne vittime di violenza aprì la sua relazione ringraziando i presenti  per averlo fatto sentire “bene-voluto”. Un’introduzione potente, la sua, che ha scosso gli animi, perchè la benevolenza, “quella vera, non quella di mestiere”, può essere dirompente, capace di contagiare e creare cambiamenti positivi. E allora perchè non scriverne? Perchè non condividerla? 

Un invito arrivatogli da più parti dopo il suo intervento e che il dottor Magnani ha deciso di non far cadere nel vuoto, estendendolo ad altri colleghi. E così “nel cerchio” che tanto conserva il sapore di quell’antico rito che era il fer filò dei nostri bsinonni, si incontrano “una neurologa, due medici di medicina generale, due infermiere, due educatrici, due psicologhe, una neuropsichiatra infantile, uno psichiatra, una geriatra, due ginecologhe, una allergologa e un’oncologa”. 

Uno spazio dai confini permeabili dove attraverso lo scambio “può nascere anche un nuovo pensiero condiviso”. Insieme si sono interrogati sul significato della parola benevolenza e da quei momenti di confronto sono nati i racconti brevi che troverete tra le pagine de Le parole per dirlo. Storie vere, piccoli flash di vita professionale e ricordi in alcuni casi davvero commoventi. Esperienze di vicinanza empatica, di rispetto, attenzione e di ascolto che in questa epoca post-pandemica e rabbiosa sono vere e proprie carezze. D’altronde, come scrive nella postfazione il teologo carpigiano Brunetto Salvarani, “sperimentare nei nostri vissuti quotidiani la fertilità della benevolenza è l’unica rotta capace di vincere la globalizzazione dell’indifferenza”. 

Benevolenza è una parola che esprime un concetto complesso, “che raccoglie in sé il significato profondo di amicizia, affetto, empatia… Nella fase storica che stiamo vivendo, praticamente tre anni di oscurantismo delle coscienze, è una necessità per cercare di recuperare la nostra umanità che si sta abbruttendo” si legge nel racconto Amicizia. E poi c’è l’esercizio della pazienza che passa anche attraverso gesti piccini, come rallentare il passo nonostante la fretta di salire le scale per guardare inteneriti la Slow dance di “una coppia fragile ma unita, che lotta per guadagnare ogni singolo scalino, e lo fa assieme”. 

Una cosa è certa, gli atteggiamenti benevoli sono contagiosi. Circolari. Ma cosa accade allora se la benevolenza entra di diritto nel processo di Cura, nella relazione terapeutica? Cosa possono generare ascolto, tolleranza e sopportazione anche dei pazienti più scomodi? “Il suo ascolto (ndr – del medico) attento e mai giudicante, benevolo nei miei confronti, e le sue parole, davvero poche e semplici, sono state la cura, quella di cui la mia mente, non il mio corpo, aveva bisogno in quel momento” si legge ne Il potere dell’Ascolto. Un ascolto che passa anche attraverso il gesto, l’accudimento attento: “la ragazza in divisa mi guardava con dolcezza come se con lo sguardo volesse accarezzarmi e abbracciarmi per farmi sentire al sicuro” scrive l’autrice nel racconto L’esperienza di un dono. 

Il libro raccoglie racconti di Tiziana Aresu, Antonella Aristarci, Cristina Beltrami, Rossana Cattabriga, Patrizia Ciambezi, Manuela Costa, Katia Durazzi, Giorgio Magnani, Nanda Malavasi, Paolo Malavasi, Nora Marzi, Vanda Menon, Emanuela Montorsi, Giorgia Regnani, Laura Scaltriti, Laura Sgarbi e Maria Rita Tassi

Questa plaquette sulla benevolenza sparge semi di speranza. Una piccola ma stimolante opera che anche i giovani medici in formazione dovrebbero leggere per capire che il “come” è importante tanto quanto il “cosa”. Per imparare a non restare indifferenti al silenzio o al dolore ma, al contrario, a esercitare uno sguardo che, “come una mano che delicatamente ti sostiene la testa, ti fa sentire una presenza stabile, che ci sarà sempre al bisogno”. La benevolenza è a tutti gli effetti “un esercizio di discernimento continuo” per riuscire a “mettere ordine”, con fatica alle volte. E allora, ed è proprio questo l’invito corale che giunge da tutti gli autori, partiamo dal bene, perchè la benevolenza è un “boomerang” che fa sempre ritorno.

Jessica Bianchi