Alla Medicina d’Urgenza di Carpi servono ambienti a pressione negativa per evitare contaminazioni: se non ora, quando?

Malgrado gli enormi sforzi messi in campo per separare le aree sporche da quelle pulite, la Medicina d’Urgenza di Carpi, a differenza di altri nosocomi non ha stanze a pressione negativa, ovvero camere al cui interno la pressione d'aria, essendo più bassa rispetto a quella esterna, non consente la fuoriuscita di agenti patogeni e la conseguente contaminazione degli ambienti comuni. “La progettazione di quattro stanze di questo tipo - assicura l’Ausl - sarà avviata nelle prossime settimane”.

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Operatore al lavoro in Medicina d’Urgenza a Carpi

Sono soltanto due al momento gli ospedali della nostra provincia che trattano pazienti Covid: il Policlinico di Modena e il Ramazzini di Carpi. In particolare nel nostro “grande vecchio” è la Medicina d’Urgenza a essere stata dedicata ad area sub-intensiva per i positivi che necessitano di cure. Su 12 posti letto, 7 sono occupati da malati di Covid-19. Un impegno importante per gli operatori che, giorno dopo giorno, si devono misurare non solo col carico di stress derivante dall’osservazione meticolosa dei protocolli anti contagio e con la paura di contrarre a loro volta l’infezione e di portarsela a casa, ma anche coi limiti di una struttura obsoleta. Malgrado gli enormi sforzi messi in campo per separare le aree sporche da quelle pulite, la Medicina d’Urgenza di Carpi, a differenza di altri nosocomi (vedi alla voce Hub di Policlinico e Ospedale di Baggiovara) non è provvista di stanze a pressione negativa, ovvero ambienti al cui interno la pressione d’aria è più bassa rispetto a quella esterna. 

Quando la porta di una camera a pressione negativa è aperta, l’aria contaminata non fuoriesce nelle aree pulite evitando così di mettere a rischio la salute del personale sanitario e degli altri pazienti. 

L’aria “sporca” viene infatti fatta defluire all’esterno attraverso impianti di scarico specifici e grazie a particolari tipologie di filtro viene ripulita prima di essere espulsa fuori dalla struttura ospedaliera. 

In un reparto come quello della Medicina d’urgenza dove vengono trattati pazienti bisognosi di ventilazione (come il casco Cpap ad esempio) e si eseguono procedure che generano aerosol, tutelare il personale sanitario – evitando la dispersione di agenti patogeni nelle aree comuni, come il corridoio attraverso l’apertura e la chiusura delle porte – dovrebbe essere un imperativo. 

“Al momento – spiega l’Ausl di Modena sollecitata sul tema – non sono presenti stanze a pressione negativa. Sono però inserite nel programma di lavori previsti dal cosiddetto Decreto Arcuri per la riorganizzazione della rete ospedaliera in ordine all’emergenza Covid. Un pacchetto di interventi già in corso e mirato alla riqualificazione e al potenziamento dell’area di Emergenza-Urgenza del Ramazzini. Per quanto riguarda la Medicina d’Urgenza di Carpi è prevista la progettazione e la realizzazione di quattro stanze di degenza – tra quelle già esistenti nel reparto –  riconvertibili al bisogno a stanze di terapia subintensiva e dunque con la possibilità di mettere gli ambienti in pressione negativa”.

Sulle tempistiche di realizzazione non è dato sapere ma “la progettazione – assicura l’Ausl – sarà avviata nelle prossime settimane”.

All’Ospedale di Pavullo e in particolare presso l’area di terapia semi-intensiva della Medicina Interna sono entrate in funzione quattro nuove stanze di degenza a pressione negativa. Tale salto di qualità, fondamentale, lo ribadiamo, nell’assistenza ai pazienti e nella tutela del personale sanitario, è stato possibile grazie a una donazione dell’azienda ceramica Mirage. Insomma Pavullo, dove peraltro non vengono trattati pazienti Covid, batte Carpi 1 a 0 grazie, come spesso accade, alla generosità di privati. E’ opinione ormai diffusa che questa non sarà l’unica pandemia che vedremo e il direttore generale dell’Ausl, Antonio Brambilla, ha più volte ribadito l’importanza di “ripensare gli ospedali” affinché diventino sempre più a prova di patogeni. Si potrebbe cominciare dai nosocomi che trattano pazienti Covid accelerando i tempi e senza attendere che qualche privato si metta la mano sul cuore. Se non ora, quando?

Jessica Bianchi