Tutta la Fiom di Modena davanti alla Goldoni: l’azienda deve restare qua!

Oggi, 14 settembre, la proprietà, la Lovol, multinazionale cinese, dovrà presentare al tribunale il proprio piano industriale, o la presenza di eventuali acquirenti interessati a garantire continuità all'impresa e ai 210 lavoratori qui occupati.

0
1415

L’Assemblea generale e il Comitato direttivo della Fiom Cgil di Modena si riunisce questa mattina 14 settembre, davanti allo stabilimento Goldoni a Carpi, a sostegno della vertenza e in solidarietà con i lavoratori impegnati dal 1° settembre in un presidio permanente davanti alla fabbrica.
Oggi, 14 settembre, la proprietà, la Lovol, multinazionale cinese, dovrà presentare al tribunale il proprio piano industriale, o la presenza di eventuali acquirenti interessati a garantire continuità all’impresa e ai 210 lavoratori qui occupati.
Se come in parte preannunciato nell’incontro del 1 settembre la Lovol deciderà, perché  è  di una scelta che si tratta, di disimpegnarsi e disinteressarsi, significherà fallimento. Vorrá dire che un marchio storico in questo paese, una produzione di qualità riconosciuta ovunque non verrà più prodotta a Carpi.
Vorrà dire che  210 famiglie non potranno più contare sul reddito prodotto dal loro lavoro, la professionalità che ha costruito la storia dei trattori Goldoni, che ne ha fatto il vero valore aggiunto non sarà più riconosciuta.
Oltre 30 fornitori del territorio e i lavoratori occupati nelle loro aziende vivranno tempi difficili e in alcuni casi non resisteranno.
“Oggi – spiega la Fiom in una nota – si decide la sorte dei lavoratori Goldoni, e si vedrà delineato in modo chiaro l’ordine del giorno dell’incontro previsto al Ministero il 18 settembre, sapremo se si potrà discutere della messa in atto di un piano industriale serio, se ci sarà una proroga, o se dovremo confermare l’atto di sciacallaggio messo in campo in modo evidentemente premeditato dalla multinazionale cinese, che dopo aver preso marchio e conoscenze si disimpegna con un atteggiamento che lascia poco spazio ai presunti buoni rapporti commerciali italo/cinesi”.