La mia musica impegnata a partire da un libro per bambini

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C’era una volta un bambino nato molto lontano. E poi ce n’era un altro nato molto vicino.  Inizia così l’albo illustrato Dieci dita alle mani – Dieci dita ai piedini di Mem Fox ed Helen Oxenbury, tradotto da Pico Floridi ed edito in Italia da Il Castoro e che il carpigiano Gianluca Magnani, cantante e chitarrista dei Flexus, ha voluto musicare e cantare dando vita a un inno di fratellanza universale.
Dieci dita alle mani – Dieci dita ai piedini è una filastrocca che, col dono della semplicità e lo sguardo dei più piccoli, ricorda una tematica trasversale: l’uguaglianza di tutti gli esseri umani a prescindere dalle caratteristiche fisiche, geografiche o sociali. Un messaggio serio e doveroso, sopratutto di questi tempi, a cui Gianluca Magnani ha voluto aggiungere le ali della musica facendolo volare con l’intensità della sua voce.
Dopo il conservatorio, Magnani ha iniziato quasi subito ad alternare i concerti con la band a narrazioni musicali, spettacoli e progetti rivolti all’infanzia, collaborando anche con autori affermati di albi illustrati e libri per bambini.
“Oggi gran parte del mio lavoro è dedicato al mondo del teatro musicale per ragazzi. Con i Flexus – spiega Gianluca – propongo soprattutto spettacoli indirizzati alla fascia di età che va dalla scuola media a quella superiore (La storia del rock, lo scorso anno, è stata in tour per più di sei mesi toccando tutto il Nord Italia), mentre quando lavoro individualmente mi rivolgo principalmente alla fascia prescolare”.
Come scegli i libri da proporre ai bambini? Quali si prestano maggiormente a diventare musica?
“I libri si scelgono un po’ da soli con la quotidianità e la ripetizione. Incontrando spesso i più piccoli mi accorgo delle cose che funzionano meglio e che arrivano direttamente a loro attraverso l’emozione e il divertimento. Non sempre i libri che apparentemente sembrano più adatti a sposare la musica lo sono veramente: spesso questo lavoro di incontro tra testo, immagine e musica riserva grandi sorprese”.
Come è nata l’idea di musicare il tenero albo illustrato di Mem Fox ed Helen Oxenbury?
“Questo libro è davvero un piccolo capolavoro e riesce a esprimere con grande semplicità un concetto che dovrebbe essere chiaro a tutti, soprattutto in giorni come questi, dove molte voci grosse rimarcano continuamente il mito dell’individualità, della separazione e dei distinguo. Credo che questo sia oggi uno dei modi più seri di fare quella che viene definita musica impegnata: trasversale per età, significato e ideologia, accessibile e profonda come solo le cose vere sanno fare. Ho conosciuto questo libro sopra lo scaffale di una biblioteca e me ne sono innamorato. Poi, pian piano, è diventato una canzone che ho registrato con il prezioso contributo del mio caro amico violinista Mario Sehtl che ha aggiunto le sue vibrazioni a filo d’archetto”.
Che bambino sei stato e che rapporto avevi con la musica?
“Mi raccontano che fin da piccolissimo cercavo la musica dappertutto e, in effetti, da quando mi ricordo, ho sempre pensato che avrei fatto il musicista. La musica è cresciuta con me naturalmente: è il linguaggio principale che mi permette di comunicare con gli altri”.
Sempre più artisti, e non solo, chiedono a gran voce di portare la musica nella scuola dell’obbligo sin dall’asilo. In quale direzione pensi si potrebbe procedere per migliorare la conoscenza della musica per il mondo dei più piccoli?
“Spesso i genitori confondono l’esperienza musicale per i piccoli con l’insegnamento di uno strumento ma, per me, prima di tutto, è fondamentale il modo in cui la musica viene fruita: è necessario entrarci in contatto nella quotidianità, in famiglia. Molte case di oggi non hanno nemmeno le casse di un impianto stereo e la musica è confinata in un computer o, peggio ancora, in uno smartphone. In questo modo si perdono tante frequenze, la dinamica e la profondità del suono e, soprattutto, si perde la possibilità di emozionarsi, relegando la fruizione della musica solamente a un fatto di intrattenimento o evasione temporanea. Quindi, a mio parere, la cosa più importante che noi adulti possiamo fare nei confronti dei più piccoli è condividere l’esperienza musicale in prima persona: cantare con loro, andare ai concerti, ascoltare i dischi, lasciarci emozionare e, in qualche modo, far intuire ai bambini la forza espressiva dirompente della musica. Solo in seguito, si può parlare di propedeutica, di lezioni, di strumenti, di musica d’insieme e quant’altro”.
Nel 2017 hai pubblicato il tuo primo album/libro per bambini Albero bell’albero con Fabio Bonvicini. Stai lavorando a qualcosa di nuovo? Progetti per il futuro?
“Da alcuni anni sto portando avanti con Fabio un lungo lavoro di recupero e diffusione della musica popolare italiana per bambini con particolare attenzione ai canti secolari dell’Appenino tosco-emiliano. Si tratta di canzoni interattive, filastrocche e storie che arrivano da lontano e hanno molto da insegnare e che, ancora oggi, ottengono una presa immediata e infallibile sui bambini.
Dopo il piccolo miracolo editoriale di Albero bell’albero, quest’estate abbiamo registrato il secondo album: allegato al nuovo libro, dovrebbe essere pubblicato la prossima primavera. Invece, in questi giorni, sono al lavoro sui nuovi brani dei Flexus per un nuovo disco che speriamo di veder pubblicato il prossimo anno”.
Chiara Sorrentino