Se una raccomandata non viene ritirata dal destinatario il postino è tenuto a riportare il plico presso l’ufficio postale dove rimane per 30 giorni. Il portalettere, infatti, al momento della consegna, quando non trova il destinatario della raccomandata (il che può avvenire per vari motivi quali assenza momentanea o rifiuto da parte di altri soggetti poiché non legittimati al ritiro della posta), gli lascia un avviso di giacenza nella cassetta delle lettere (si tratta di una cartolina bianca o di uno “scontrino” stampato da moderni terminali). In tale avviso viene indicato l’ufficio postale e il giorno a partire dal quale sarà possibile andare a ritirare la raccomandata. Tale lettera rimane disponibile per il ritiro per trenta giorni. Se il destinatario non la ritira nei trenta giorni, si compie il cosiddetto periodo di “compiuta giacenza”: la raccomandata viene restituita al mittente con timbro indicante la compiuta giacenza e si presume come consegnata/conosciuta ai fini legali. In una recente sentenza (Cass. sent. n. 27526/2015), la Cassazione ha chiarito che la lettera raccomandata spedita a mezzo del servizio postale, non consegnata al destinatario a causa della sua assenza e/o delle persone abilitate a riceverla, si presume pervenuta alla data in cui è rilasciato il relativo avviso di giacenza presso l’ufficio postale. Tale presunzione, tuttavia, fa salva la prova contraria, ovvero il destinatario resta legittimato a fornire prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne avuto notizia. L’Art. 1335 del codice civile sancisce infatti che “la proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia”.