Riforma Fondazioni: Crc è in linea

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Le fondazioni bancarie sono riuscite a evitare l’intervento legislativo del Ciclone Renzi, che ha invece scombussolato le maggiori banche popolari italiane.  Le fondazioni italiane rappresentano gli investitori istituzionali per eccellenza e detengono un patrimonio che, aggirandosi complessivamente sui 40 miliardi di euro, fa gola a tutti: il tentativo di allungare le mani è stato schivato trovando un punto di mediazione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, cui spetta la vigilanza sugli enti.  Il Protocollo d’intesa tra l’Acri (l’associazione delle fondazioni di origine bancaria) e il Mef  rappresenta un ulteriore passo avanti nel percorso di autoriforma delle fondazioni, una sorta di check up nel solco della legge Ciampi (1999), che le disciplina e che non è stata osservata alla lettera da alcuni enti, e della Carta delle Fondazioni (2012).
Alla fine 85 Fondazioni e Casse su 86 hanno detto sì e tra queste c’è anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi. “Il Protocollo prevede una serie di impegni a cui gli enti si sono volontariamente sottoposti e che sono già stati recepiti dalla Fondazione Crc” dichiara il presidente Giuseppe Schena. Le Fondazioni non potranno più detenere in una singola banca più di un terzo del totale dell’attivo e si impegnano a diversificare il portafoglio degli impieghi, a evitare qualunque forma di indebitamento, a non usare contratti e strumenti finanziari derivati.
Presidente, dovrà cambiare qualcosa nell’attività della Fondazione?
“La Fondazione Crc è stata tra le prime a staccarsi dallo scoglio della conferitaria Cassa di Risparmio di Carpi (ndr. a oggi solo una ventina di enti sul totale è completamente fuori dalle banche conferitarie). Come ribadisce il Protocollo, il fatto che le Fondazioni distribuiscano contributi sul territorio non deve essere mischiato al fatto di gestire banche locali. Su questo c’è un forte ritardo delle fondazioni nel dismettere le partecipazioni e del sistema creditizio ad adeguarsi. Dal punto di vista finanziario siamo in linea da tempo coi principi ribaditi nel Protocollo”.
Il Protocollo consentirà di regolare con maggior dettaglio alcuni processi che riguardano la governance delle fondazioni?
“In linea con la Carta Etica delle Fondazioni, il Protocollo sancisce che debba trascorrere almeno un anno “in sonno” per i passaggi tra cariche incompatibili (candidature politiche incluse), le cariche non potranno essere ricoperte per più di due mandati e mette un tetto agli emolumenti pari a 650mila euro. La Fondazione Crc ne spende complessivamente 430mila. Si tratta di una sorta di muro per evitare che si ripetano situazioni simili a quelle che hanno portato al dissesto di un paio di fondazioni: casi isolati che hanno finito per mettere in discussione l’intero sistema.  La firma posta in calce alla Carta delle Fondazioni e al Protocollo ha dato il via in Fondazione Crc a un percorso di revisione statutaria per l’acquisizione di ciò che vi è scritto: è mia intenzione sottoporre il nuovo statuto al Ministero dell’Economia e delle Finanze entro luglio per poi arrivare all’adozione entro l’autunno prossimo”.
Da una parte il Governo chiede di dismettere le partecipazioni bancarie, dall’altra si fa strada la possibilità che le Fondazioni mettano soldi nelle Popolari. Vi farete coinvolgere?
“Sebbene tempi e modi della riforma delle Popolari non siano stati particolarmente graditi, credo che sia un percorso inevitabile. Rispetto all’eventuale coinvolgimento delle fondazioni, resto molto perplesso. Si tratta di una mossa necessaria per conferire peso al territorio dentro una Popolare? E’ l’unica possibilità per valere sul territorio? E’ vero che le fondazioni sono chiamate a sostenere i processi strategici nel Paese e si spiega così la partecipazione in Cassa Depositi e Prestiti ma la questione centrale per decidere gli investimenti dell’ente riguarda il rendimento, oltre alla diversificazione”.
Dopo un anno da presidente ha stabilito alcune priorità del suo mandato?
“Rispetto a quanto individuato nel recente Protocollo, oltre al percorso di revisione dello Statuto, si rende necessaria a breve una riflessione sulle società strumentali San Rocco Arte e Cultura e Casa del Volontariato, il cui rapporto con la Fondazione va ripensato.
L’obiettivo di adeguare il patrimonio al contesto tutelandolo per salvaguardare il livello di erogazioni va invece misurato nell’ottica dei quattro anni di mandato”.
Fra poche settimane è prevista l’approvazione del Bilancio 2014 per metà ascrivibile alla precedente governance. Ci saranno già evidenze di maggiore trasparenza?
“Già sotto la presidenza di Gian Fedele Ferrari si era provveduto a costituire un Fondo di riserva per le erogazioni e un fondo di oscillazione titoli per la salvaguardia del patrimonio e si era proceduto alle svalutazioni di alcuni titoli, a partire dalle obbligazioni del Gruppo Lehman Brothers. Alla voce ‘immobilizzazioni finanziarie’ sono rimaste congelate finora, perché definite strategiche, azioni contabilizzate al costo d’acquisto e non in base al valore sul mercato, il che ha permesso di non registrarne finora le perdite, ma ha impedito anche di poter disporre di quelle risorse per la negoziazione sui mercati.
Oggi sono maturi i tempi per una progressiva dismissione delle immobilizzazioni finanziarie per far fruttare al meglio l’ingente patrimonio dell’ente”.
Alla domanda specifica sul rendimento della gestione degli investimenti finanziari, il presidente Schena abbozzando un sorriso sornione accenna a “una percentuale superiore al 3%” ma insistere per avere numeri e cifre è stato inutile e tutto è rimandato alla presentazione del Bilancio 2014 tra qualche settimana.
Sara Gelli

 

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