L’arte come necessità

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La danza è una poesia, scriveva Denis Diderot nel XVIII secolo. Se questa affermazione è vera ancora oggi c’è, a Carpi, una ragazza innamorata di questa poesia, che ad essa ha scelto di consacrarsi, di dedicarle una vita fatta di passione e caparbietà, sacrifici e soddisfazioni. Irene Bucci, 30 anni  e tante esperienze alle spalle, è un vero e proprio vulcano di idee, progetti, desiderio di sperimentare e mettersi in gioco.
Come è nato questo tuo interesse?
“La mia passione per la danza è nata da bambina, all’età di 4 anni, guardando la fantastica Lorella Cuccarini ballare in televisione. O, almeno, questo è quello che mi ha raccontato mia madre. Sempre mia madre mi portò poi alla mia prima lezione di danza classica: lì conobbi la mia insegnante. Mi catturò il suo temperamento, il suo essere un’interprete grandiosa oltre che una ballerina; ogni passo, anche il più piccolo o breve, doveva essere interpretato: Mai danzare senza intenzione, senza cuore, ripeteva”.
Qual è stato il tuo percorso di formazione?
“Ho proseguito i miei studi in danza prima a livello amatoriale qui in provincia e poi ho deciso, dopo un paio d’anni d’Università, di iscrivermi presso un’accademia di danza professionale a Milano. Lì ho studiato in maniera intensa: classica, contemporanea, moderno, hip hop, tip tap, flamenco, oltre a canto e recitazione. Sono stati anni duri, dai quali ho ricevuto molto, nel bene e nel male. E’ un’arte totalizzante, la danza, e per questo il tempo per gli affetti e le amicizie era ristretto. Inoltre dovevo studiare e lavorare, per non pesare troppo sulla mia famiglia. Insomma, sono stati anni di crescita”.
Ci  sono altri campi artistici in cui ti impegni?
“Sì, ho sperimentato e sperimento tutt’ora: dopo l’accademia è maturata in me la volontà di lavorare con il corpo. Per questo ho deciso di seguire corsi e seminari di teatro – danza in giro per l’Italia; ho poi conseguito il brevetto come insegnante di Pilates e, da poco, di Garuda. Per non farmi mancare nulla ho portato avanti anche progetti educativi di vario genere”.
Cosa rappresenta per te l’arte?
“Non saprei: necessità forse. E’ una forma di comunicazione, un metodo sicuro e non violento per incanalare la rabbia, una viva conoscenza della morte. Quando danzo, interpreto un personaggio, non mi limito mai all’aspetto puramente estetico, ma c’è sempre un significato. Per questo mi definisco una danzattrice. C’è sempre un movente
che muove il corpo. Un’intenzione. Alle volte può essere solo un’emozione: rabbia, tristezza, gioia. Avverto il corpo, le sue incertezze, sento il pubblico. E’ come se tutti i miei sensi si acuissero: in quei momenti si trascende in qualche modo l’umano e forse è anche per questo che credo ci si avvicini alla comprensione della morte, perché ci si sente invincibili e invece, è proprio l’opposto. Quello che in realtà cerco di comunicare è un senso di umanità: tutti noi abbiamo un forte bisogno di riscoprirla, di ritrovarla. Non sempre ci si riesce, ma ci provo”.
Quali progetti hai in cantiere?
“In questo momento collaboro con diverse associazioni e ne ho aperta una insieme ad altre due collaboratrici. Si chiama CorpoMente, è un’associazione sportiva dilettantistica con sede a Modena, fondata con l’obiettivo di dedicare le nostre attività alla postura, al movimento e al benessere, per dare sempre più possibilità di ascolto al nostro corpo mettendolo in comunicazione con la nostra mente e la nostra anima. Qui insegno Pilates e una nuova disciplina olistica, nata in Inghilterra, il Garuda. Seguo inoltre un progetto di danza e teatro presso una scuola elementare di Correggio,  con l’associazione Ars Ventuno. Da anni sono educatrice e insegnante di danza nei progetti educativi del Csi di Carpi”.
Quale tra le diverse discipline che insegni preferisci?
“Mi è sempre piaciuto molto insegnare danza agli adulti, ma anche tenere i laboratori di danza e teatro per bambini: sono creature che sorprendono continuamente e per la mia mente creativa si tratta contemporaneamente di uno stimolo e una sfida. Adoro anche insegnare Pilates a un gruppo di pensionati a Novi, sono persone splendide con una forza interiore meravigliosa, ed è un piacere spiegare loro qualche esercizio che li aiuti a stare meglio. Da poco cerco di far conoscere il Garuda, disciplina che fonde i principi dello Yoga, del Pilates, del Tai Chi e della danza: una manna dal cielo per chi ha problemi alla schiena”.
Cosa pensi del fatto che molti si definiscono artisti?
“Non saprei. Molti si definiscono artisti per semplificare. Ho conosciuto chi ha provato a vivere di sola arte per scelta e vocazione, e ti assicuro che faticava a conciliare il pranzo con la cena. Se sei un artista fai quello e basta, perchè l’arte richiede tutto te stesso. E’ molto faticosa. Io, per esempio, non mi ritengo affatto un’artista”.
Nella nostra società c’è molta attenzione alla forma, al fitness. Credi che la danza possa insegnare qualcosa anche in merito alla gestione dell’interiorità?
“Sì, la danza può dare molto al mondo del Fitness, infatti è proprio questo che cerco di insegnare con il Garuda: si arriva a un livello più profondo, il movimento nasce dagli organi e si cerca l’armonia nel corpo e nel movimento, così come nella danza. Si tratta comunque di un cambiamento che, in generale, è in corso da qualche anno. Penso vi sia sempre più un richiamo alla spiritualità: finalmente! La danza, nel suo essere arte, possiede un intrinseco richiamo alla spiritualità e alla sacralità, richiamo che anche le altre discipline stanno sempre più ricercando”.
Marcello Marchesini
 

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