“Da soli saremmo in balia delle compagnie petrolifere”

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Come le ultime, più piccole catene di un ingranaggio enorme, che li utilizza per il proprio funzionamento – e non potrebbe fare altrimenti – ma che, allo stesso tempo, li stritola senza lasciar loro alcuna possibilità di movimento. E’ questa l’idea che hanno di se stessi i benzinai carpigiani, così come emerge dalle loro parole. Stando a quanto dichiarato da una decina di loro, il guadagno netto mensile non è superiore a quello di un operaio, dai 1.000 ai 1.500 euro. Il tema caldo sono, naturalmente, le annunciate liberalizzazioni del Governo Monti, liberalizzazioni che dovrebbero toccare anche questo settore. Ascoltando i loro racconti, il primo sentimento a emergere è la diffidenza. Ascoltando gli annunci del Governo, molti di loro non sono affatto convinti che la liberalizzazione possa rappresentare un giovamento, tutt’altro.

“Ancora non è stato deciso nulla, i sindacati ci comunicheranno se cambierà effettivamente qualcosa. Questi sono impianti che appartengono a privati, noi ne siamo soltanto i gestori – commenta Luciano Rossi, che gestisce una pompa di benzina del gruppo API dal 1993 – Che potere avrei io, singolarmente, nel contrattare il prezzo del carburante con le compagnie petrolifere? Proprio nessuno. Inoltre ogni mattina dovrei consultare un borsino per vedere dove la benzina costa meno, ma in termini di organizzazione è evidente che ci sarebbero grandi difficoltà”.

Altro tema è poi quello della manutenzione: con la gestione della stazione di proprietà di terzi, se qualcosa si dovesse rompere, la riparazione è garantita dalle compagnie. In caso contrario, toccherebbe al piccolo proprietario. “Costi che noi non potremmo affrontare”, aggiunge il figlio Alessandro. “Con questa liberalizzazione a noi non cambia nulla – spiega Salvatore Giglio, che dal 2008 gestisce una pompa Agip con il padre Paolo, il nipote Falco e un’altra dipendente – il potere in mano ce l’avranno sempre le compagnie e noi continueremo a essere delle vittime che stanno qui 10 ore al giorno per veder poi ridurre sempre il nostro compenso, che corrisponde circa a 3 centesimi lordi al litro, ovvero meno del 2%. Cambierebbero certo i tipi di contratto, magari da comodato d’uso a partecipazione, ma anche il discorso delle pompe bianche – senza marchio, come a Baggiovara – regge poco. Sarebbe una rovina per il nostro settore”.

Anche la possibilità di vendere prodotti diversi da quelli strettamente legati alla mobilità – giornali, sigarette e generi alimentari – lascia gli operatori delle pompe piuttosto freddi. “Con i piccoli spazi che abbiamo, con le mani sporche per il grasso delle auto, come potremmo metterci a vendere giornali?” si chiede Giulia D’Aurelio che lavora in una pompa Q8, sottolineando implicitamente come soldi per assumere un’impiegata appositamente dedicata alla vendita di questi prodotti, al momento, proprio non ce ne siano. Anche lei è decisamente contraria alla liberalizzazione. “Le società non ti permetterebbero più di rimanere nei loro impianti, ti chiederebbero affitti elevati, e non ti rimborserebbero i cali di fine anno”.

Anche allo stato attuale, però, la situazione non è certo tutta rose e fiori: “siamo obbligati a pagare parte della campagna promozionale – spiega Daniele Galbiati – inoltre abbiamo l’obbligo dello sconto per essere competitivi con le altre compagnie, ma il nostro margine resta sempre lo stesso. Le società dovrebbero diventare competitive senza farlo pesare sui gestori. Ma purtroppo noi non contiamo nulla”. Per l’acquisto del carburante servono almeno 100mila euro di fido: un problema in più, in tempi come questi. Ultimo tema centrale è quello degli aumenti sulle accise.

“Lo Stato la deve finire di rifarsi sempre su di noi”, dichiara indignato Vanni Miglio, che aggiunge: “per darci una boccata d’ossigeno dovrebbero rinegoziare il prezzo fisso che noi possiamo tenere per ogni litro. Logicamente, se il prezzo del carburante aumenta, se contemporaneamente crescono i costi di gestione degli impianti, il nostro guadagno – sempre fisso – non fa che diminuire”. La paura è soprattutto quella che, affidati solo a se stessi, i deboli gestori rischino di diventare dei semplici ‘operai’ pagati dalle compagnie semplicemente per rifornire le vetture, senza più alcun diritto. Come a dire che, liberare dei pesci rossi da un acquario piccolo ma protetto, per gettarli nell’Oceano dove sono liberi di nuotare come di essere mangiati, non li attira troppo.

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