Vaccini, il consenso informato è un atto di fede

Se le istituzioni mischiano le carte, complicano la vita di noi che medici non siamo, incrinano la fiducia che nutriamo nei confronti della medicina riducendola a un atto di fede. L’ultimo pasticcio è quello relativo al mix vaccinale

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Se le istituzioni mischiano le carte, complicano la vita di noi che medici non siamo, incrinano la fiducia che nutriamo nei confronti della medicina riducendola a un atto di fede. L’ultimo pasticcio è quello relativo al mix vaccinale introdotto con circolare dell’11 giugno scorso dal ministro della Salute Roberto Speranza: chi ha ricevuto la prima dose del vaccino Astrazeneca e ha un’età al di sotto dei 60 anni completerà il ciclo vaccinale con una seconda dose di vaccino a mRna. L’autorizzazione all’uso del mix vaccinale, che avrebbe dovuto essere la base della circolare e precederla, è arrivata dalla determina dirigenziale dell’Aifa il 14 giugno nella quale si dispone che i vaccini indicati possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto: Aifa apre dunque alla possibilità ma previo consenso informato dei vaccinandi under 60 su cui ricade la responsabilità pur essendo soggetti privi della competenza necessaria a decidere. Dunque gli italiani che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca potranno fare il richiamo con un vaccino diverso oppure ricevere la seconda inoculazione ancora con il siero anglo-svedese, sempre dopo aver firmato il consenso informato. Secondo il Cts l’indicazione prioritaria resta comunque la seconda dose con un vaccino a mRna.

In questa situazione non possono che aumentare i dubbi dei vaccinandi, ma anche quelli dei medici vaccinatori protetti dallo scudo penale quando agiscano nel rispetto del provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio che prevede due dosi del medesimo vaccino.

A metà giugno erano 111 mila i cittadini modenesi con più di quarant’anni che avrebbero potuto prenotare la propria dose di vaccino contro il Covid e non lo hanno fatto, il 25% degli over 40. Dati che preoccupano in ottica immunità di gregge anche se l’assessore regionale Raffaele Donini rassicura: “abbiamo la ragionevole certezza – ha detto – di arrivare all’obiettivo di una protezione di comunità entro l’estate. La popolazione di coloro che si sono vaccinati con almeno una dose e coloro che si sono prenotati, cioè mezzo milione di persone, formano una platea di quasi 2,7 milioni che hanno ricevuto o riceveranno la vaccinazione nei prossimi due mesi”, ammesso che chi ha prenotato poi si presenti davvero. Per raggiungere l’obiettivo dell’immunità di gregge deve aver completato il ciclo vaccinale il 70% della popolazione vaccinabile.

Con circa 3,3 milioni di dosi fatte su 3,6 milioni di ricevute siamo al 92,3% di dosi somministrate su quelle consegnate, l’Emilia Romagna è oggi la regione in testa alla classifica della somministrazione di dosi rispetto alle consegne; il 55% della popolazione vaccinabile ha già fatto almeno una dose, il 29% ha completato il ciclo vaccinale.

Per raggiungere l’immunità di gregge, cioè la percentuale 70% di emiliano romagnoli che abbiano completato la vaccinazione, restano 2 milioni di persone a cui somministrare la seconda dose ma che hanno già ricevuto la prima. Considerando che ad oggi, nella nostra regione, si somministrano 42mila dosi in media ogni giorno, servono 47 giorni per raggiungere l’obiettivo fissato da Donini. Al prossimo pasticcio non basterà Draghi a mettere ordine al caos.

Sara Gelli

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