Iniziano i tre giorni della merla

Gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31 vengono definiti i Giorni della merla, sapete perché? Il significato è da ricercare in un’antica leggenda popolare, raccontata ai bambini di generazione in generazione, da un mondo contadino che nelle storie trovava uno strumento per tramandare i segreti della natura .

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Gli ultimi tre giorni di gennaio, il 29, 30 e 31 vengono definiti i Giorni della merla, sapete perché? Il significato è da cercare in un’antica leggenda popolare, raccontata ai bambini di generazione in generazione, da un mondo contadino che nelle storie trovava uno strumento per tramandare i segreti della natura e del suo ciclo.

Dovete sapere che i merli, un tempo, avevano delle bellissime piume bianche e soffici. Durante il gelido inverno, raccoglievano nei loro nidi le provviste per sopravvivere al gelo, in modo da potersi rintanare al calduccio per tutto il mese di gennaio. Sarebbero usciti solo quando il sole fosse stato un poco più caldo e i primi ciuffi d’erba avessero fatto capolino tra i cumuli di neve. Così, aspettarono fino al 28 di gennaio, poi uscirono. Le merle cominciarono a festeggiare, sbeffeggiando l’Inverno: anche quell’anno ce l’avevano fatta; il gelo, ai merli, non faceva più paura! Tutta questa allegria, però, fece infuriare l’inverno, che decise di dare una lezione a quegli uccelli troppo canterini: sulla terra calò un vento gelido, che ghiacciò la terra e i germogli. Persino i nidi dei merli furono spazzati via dalla tormenta. I merli, per sopravvivere al freddo, furono costretti a rintanarsi nei camini delle case. Lì, il calduccio li riscaldò e permise loro di resistere. Solo a febbraio la tormenta si placò e i merli poterono riprendere il volo. La fuliggine dei camini, però, aveva annerito per sempre le loro piume bianche: fu così che i merli divennero neri, come li possiamo vedere oggi”.

Ma cosa sappiamo di questi uccelli che popolano numerosi anche la nostra città? Secondo la tradizione contadina, quando si ode il canto del merlo significa che l’inverno volge al termine: “a febbraio, i canti territoriali per l’inizio del corteggiamento e della riproduzione, sono un vero e proprio annuncio di primavera. Il canto del merlo – spiega Daniela Rustichelli, delegata Lipu di Carpi – è estremamente modulato, a volte diverso persino a seconda dei singoli uccelli, e muta nelle varie ore del giorno. Alla fine dell’inverno comincia a cantare prima dell’alba e, a marzo e ad aprile, quando c’è ancora buio, è facile udire i canti dei maschi che si rispondono l’uno con l’altro per segnalare ciascuno il proprio territorio. A volte, a causa della forte illuminazione nelle zone urbane, li si sente fischiettare in piena notte. Il canto è un fischio puro, sonoro e flautato che si ode a distanza ma i merli sono dotati di grandi iniziative personali e se ascoltano un motivetto sono in grado di imitarlo. Il canto può però trasformarsi in un grido di allarme in caso di pericolo o in una serie di sibili angosciosi dopo temporali violenti o se il loro nido viene distrutto”.

Lungo da 25 a 28 cm, il maschio ha una “livrea nera, opaca e uniforme, col contorno dell’occhio giallo e un becco giallo o giallo-arancio, mentre la femmina è di un color bruno scuro. L’albinismo è un fenomeno presente tra questi passeriformi: talvolta, ci si può imbattere in merli dal piumaggio bianco e gli occhi rossi. Più comune è invece il leucismo, una particolarità genetica che conferisce a questi uccelli delle caratteristiche piume bianche sulle penne remiganti delle ali oppure sulla coda o delle chiazze chiare sulla livrea. A Carpi, in alcuni parchi e giardini ne sono stati avvistati”, prosegue Rustichelli.

Uccello dai movimenti rapidi, oltre a volare tra il fogliame, ama saltellare e correre in gran velocità sul terreno: “ve ne sono alcuni che per la vecchiaia o dopo aver subito incidenti non riescono più a spiccare il volo e sopravvivono a terra, predatori permettendo. Il merlo, infatti, per cibarsi rovista tra le foglie a caccia del proprio cibo preferito, ovvero lombrichi e invertebrati che stana dalle crepe del terreno, mentre in inverno frequenta i cespugli ricchi di bacche e le mangiatoie in cerca di qualche pezzettino di frutta o uvetta. Pur restando vigile e prudente, alle volte è confidente nei confronti dell’uomo e in estate, spinto dalla sete, lo si può anche vedere bere dal getto dell’acqua mentre qualcuno innaffia”, sorride Daniela.

In città talvolta si possono trovare grandi concentrazioni di merli perché qui “hanno trovato un luogo protetto, lontano dai veleni delle campagne, con numerose isole di calore per resistere ai rigori dell’inverno, un habitat ricco di luoghi riparati, dai parchi ai giardini, dove è facile trovare cibo, anche offerto dall’uomo”.

Il merlo è una specie estremamente adattabile: lo si può trovare anche negli spartitraffico, così come nelle aiuole in cerca di cibo. “E’ in un buono stato di conservazione – sottolinea la delegata Lipu – ma il traffico intenso, l’uso dei pesticidi e la carenza di siepi e filari arborei nelle campagne costituiscono delle gravi minacce anche per la sopravvivenza dei merli. Ripristinare le alberature, non potare drasticamente alberi e siepi, vere e proprie mangiatoie viventi, sono azioni preziose per salvaguardare tutti gli uccelli. Chi ama la natura dovrebbe fare propri questi consigli e piantare in giardino quante più essenze autoctone possibili. Tra le più amate dai merli vi sono: il tasso, il sanguinello, il sorbo, il sambuco, il rovo, l’edera, la rosa canina, il prugnolo, il ligustro, il ciliegio, il biancospino, il caprifoglio, la berretta da prete e il gelso”.

Jessica Bianchi