Campo Nomadi: la soluzione si allontana

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Dopo l’incidente di sabato 30 maggio, quando il cortocircuito a un climatizzatore, bruciando parte della roulotte in cui era sistemato, ha costretto all’ospedale la piccola Elis, un anno, a causa del fumo involontariamente respirato, gli abitanti del campo nomadi di via Nuova Ponente a Carpi lamentano la difficoltà di vivere in condizioni che definiscono disumane. La bambina fortunatamente sta bene, ma quello di sabato non è stato il primo incidente che poteva concludersi tragicamente. “Se non ce ne fossimo accorti in tempo, l’incendio sarebbe potuto divampare e diffondersi alle altre roulotte, che sono una vicina all’altra”, si sfoga Fabio Bernardoni, zio della piccola. Qualche giorno prima era andata in corto circuito una centralina dell’elettricità. “Chi non è mai stato qui pensa che viviamo nel lusso, ma non è così”. Girando per il campo, in effetti, le condizioni igieniche sembrano lasciare alquanto a desiderare: sporcizia, oggetti personali, indumenti e rottami abbandonati per terra, nel fango, dove capita. Dato preoccupante, se si pensa che nel campo vivono, insieme ad una quarantina di adulti, circa venti bambini: “Alle otto di sera incominciano a spuntare ratti da ogni parte – racconta Fabio – tanto che diventa quasi impossibile uscire dalle roulotte, ed ora hanno iniziato a entrare anche all’interno”. Il padre, Fioravante, spiega come, da due anni, la sua famiglia – 30 persone – abbia acquistato un terreno nei pressi di Cortile: “l’abbiamo comperato con i tutti i nostri risparmi, 50mila euro, e stiamo ancora pagando le rate. Vorremo trasferirci là per vivere più dignitosamente, ma il Comune non ci dà il permesso, perché servono autorizzazioni particolari e alcuni lavori di sistemazione. Chiediamo ci sia dato ascolto”. In risposta, l’assessore alle politiche sociali Alberto Bellelli fa sapere come si tratti di un terreno agricolo. “Bisognerà discutere del cambio di destinazione d’uso e fare tutti i dovuti passaggi nel rispetto delle norme. Se poi si ha la possibilità di acquistare un terreno, per il Comune si diventa autonomi”. Soltanto 10 anni fa il campo accoglieva 180 persone, oggi dimezzate grazie alle politiche che l’ente pubblico ha messo in campo nel tempo per ‘delocalizzare’ i nomadi: “il problema non è quello di spostare il campo da un’altra parte – spiega Bellelli – perché così si sposterebbero soltanto i problemi, ma di superarlo, attraverso casette di legno ed altre sistemazioni. Eravamo anche molto vicini a trovare una soluzione. Purtroppo, però, il sisma ha rimesso tutto in discussione, imponendo altre priorità e rendendo impraticabili alcune delle sistemazioni alle quali si era pensato”. Tuttavia Bellelli ribadisce di non aver affatto dimenticato la questione: “Le condizioni di vita nel campo non sono accettabili, ma il problema è complesso, e continueremo a lavorarci e a monitorarlo”.
Marcello Marchesini