Sisma, il Comune chiede indietro i 36mila euro di contributo di autonoma sistemazione a un 90enne

La Regione Emilia Romagna ha dato mandato ai Comuni di tutto il cratere terremotato di verificare i beneficiari dei contributi di autonoma sistemazione (CAS), e in caso di irregolarità, i soldi vanno resi. Al Signor Effe, vedovo, novantenne e con un figlio disabile a carico, è stato chiesto di restituire 36mila euro ma, spiega il suo legale, si tratta di uno sbaglio, “frutto di un’errata interpretazione e attuazione delle norme”. L’ente pubblico ha ampio margine di discrezionalità in questa partita, l’auspicio è dunque quello che la impieghi al meglio, non limitandosi a procedere d’ufficio ma ad esaminare con cura ogni istruttoria. Perchè dietro alla burocrazia ci sono persone. E ogni caso fa storia a sè.

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Il Centro storico di Carpi Zona rossa - 2012

Quella del 29 gennaio 2025 è una data che il Signor F. non dimenticherà. Una data che si somma a un altro momento straziante della sua vita: il 29 maggio 2012. Il sisma che ha colpito Carpi infatti, per quanto sia ben presto e incomprensibilmente entrato nel dimenticatoio, ha rappresentato una profonda linea di demarcazione tra un prima e un dopo. Tra coloro che persero in una manciata di secondi certezze e casa, anche l’anziano Signor F.

Costretto a fare i conti con l’inagibilità della sua abitazione a due passi dal centro storico il nostro concittadino, come molti altri, fece domanda per usufruire del CAS – Contributo di autonoma sistemazione, strumento nato per assistere gli sfollati e aiutarli così a sostenere le temporanee spese legate all’affitto di un altro immobile.

Insieme alla moglie invalida e al figlio disabile, in carico da anni ai Servizi Sociali della nostra città, il Signor F. – ai tempi quasi ottantenne – si trasferì in un appartamento mentre i tecnici a cui si era affidato, nel 2014, presentarono, nei termini previsti, l’istanza di prenotazione Mude legata all’immobile di sua proprietà ai fini della ristrutturazione come previsto dall’impianto commissariale regionale.

Da tempo il Signor F. voleva sistemare la propria abitazione per renderla più a misura della moglie, ormai non vedente, e del figlio disabile ma il comune vi aveva da sempre posto un vincolo che glielo aveva impedito. L’interesse manifestato da un costruttore per l’acquisto della sua casa – e la promessa parziale permuta di una abitazione ad hoc – rappresentò dunque l’occasione per avere a disposizione spazi maggiormente consoni e rispondenti ai bisogni della sua famiglia. Opportunità che ovviamente comportò lo stop alle procedure di domanda di contributo per la ricostruzione con fondi pubblici – la cui presentazione scadeva il 31 ottobre 2017 – ora completamente a carico del nuovo proprietario privato.

Il 29 gennaio di quest’anno però al Signor F. arriva una raccomandata in cui gli viene comunicato che dovrà restituire il Cas ricevuto tra l’agosto 2013 e l’ottobre 2017, per un importo totale di 36mila euro. La motivazione addotta? “Decorsi i termini previsti per l’ultimazione dei lavori” si legge nella raccomandata il cui mittente è l’Unione delle Terre d’Argine su mandato della Regione. Una tegola sulla testa.

Il legale del Signor F. si sta opponendo con forza alla richiesta di risarcimento poiché il procedimento prenderebbe “le mosse da una errata interpretazione e attuazione delle norme nonché da errori circa i presupposti delle erogazioni assistenziali che sono state correttamente effettuate poiché sorrette dai dovuti requisiti e da idonee e doverose valutazioni assunte a suo tempo dal Comune di Carpi nell’ambito della propria discrezionalità cui la normativa commissariale emergenziale sempre ha rimandato”.

L’ordinanza commissariale 114 del 2013 prevedeva di mostrare un occhio di particolare riguardo alle categorie fragili affinché potessero rientrare al più presto nella propria abitazione o venissero inseriti in percorsi assistenziali equivalenti. La famiglia del Signor F. ha venduto la propria casa inagibile, trovandone una più congeniale ai suoi numerosi bisogni ma al momento dell’erogazione del Cas, la cui natura era puramente assistenziale, possedeva tutti i requisiti per goderne come lo stesso ente pubblico aveva riconosciuto.

“L’ordinanza 64/2013 in riferimento ai requisiti per accedere al contributo non indica mai un impegno alla ricostruzione ma cita esclusivamente l’esigenza abitativa dipesa dall’inagibilità dell’abitazione occupata dal beneficiario al momento del sisma, attribuendo ancora una volta ai comuni di verificare la sussistenza dei requisiti” prosegue il legale. Contribuito che sarebbe cessato con la fine della necessità abitativa “per intervenuta nuova abitazione agibile e/o ricovero in struttura socio assistenziale o, tra le varie ipotesi, la vendita dell’immobile in corso di ristrutturazione (ndr – il termine dell’assistenza con oneri a carico del fondo commissariale decorre dalla data di vendita del medesimo immobile) e che ciò non avrebbe comportato alcuna decadenza dei pregressi benefici per evidenti motivi di equità e giustizia”, aggiunge.

L’impianto normativo riconosce al comune piena autonomia decisionale nella valutazione dell’ammissibilità dei singoli casi: come può a fronte della fragilità di questa famiglia voltarsi dall’altra parte? E, ancora, come può l’ente pubblico dopo aver riconosciuto la regolarità dei requisiti tornare ora sui propri passi mettendo peraltro in gravissima difficoltà un padre oggi ormai novantenne e rimasto vedovo con un figlio disabile a carico?

“Non sono emersi ulteriori elementi rilevanti ai fini della revisione del procedimento amministrativo in oggetto” è stata la laconica risposta scritta, datata 6 giugno, del dirigente dei Settore Servizi Sociali alla memoria di opposizione presentata dal legale a febbraio.

La battaglia dell’avvocato del Signor F. proseguirà al fine di tutelarne i diritti dal momento che anche la normativa fiscale e assistenziale è chiara stabilendo “la non ripetibilità delle somme” e dunque l’illegittimità nel richiederle indietro qualora la valutazione fatta a suo tempo abbia sancito la sussistenza dei requisiti necessari.

La Regione Emilia Romagna ha dato mandato ai Comuni di tutto il cratere terremotato di verificare i beneficiari dei contributi di autonoma sistemazione, e in caso di irregolarità, i soldi vanno restituiti. Non è questo il caso e, aggiungiamo, a fronte di conclamate fragilità come nel caso della famiglia del Signor F., la parola d’ordine deve essere una e una soltanto: tutela! L’ente pubblico ha ampio margine di discrezionalità, l’auspicio è dunque quello che la impieghi al meglio, non limitandosi a procedere d’ufficio ma ad esaminare con cura ogni istruttoria. Perchè dietro alla burocrazia ci sono storie. Persone. E ogni caso fa storia a sè.

Jessica Bianchi

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