“Un passo in avanti importantissimo”, commenta Dugoni affetto da un glioblastoma al cervello. Necessario ma non sufficiente

A fronte di un inaccettabile vuoto legislativo nazionale, le regioni si arrangiano. Le delibere regionali possono essere modificate o annullate al primo cambio di giunta ma scegliendo di approvarne una la squadra capitanata da Stefano Bonaccini ha trovato comunque un modo - per quanto non definitivo - per regolamentare il suicidio assistito senza dover passare per il consiglio regionale dove, con tutta probabilità, avrebbe corso il rischio di sbattere contro un muro di gomma. Ora questa pratica ha nella nostra regione un percorso ben preciso, definito nei modi e soprattutto nei tempi: al massimo 42 giorni dovranno intercorrere tra la richiesta e l'esecuzione della procedura.

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Il suicidio medicalmente assistito in Emilia-Romagna ha ora un percorso ben preciso, definito nei modi e soprattutto nei tempi: al massimo 42 giorni dovranno intercorrere tra la richiesta e l’esecuzione della procedura. 

La Regione completa così il percorso per l’applicazione della sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, affinché possa essere garantito al malato il diritto di congedarsi dalla vita, nel rispetto della sua volontà. E lo fa con due atti: uno della Giunta regionale, che ha istituito il COREC – Comitato regionale per l’etica nella clinica, fra i cui compiti ci sono la consulenza etica su singoli casi, l’espressione di pareri non vincolanti relativi a richieste di suicidio medicalmente assistito e agli aspetti bioetici connessi alle attività sanitaria e socio-sanitaria; e le Istruzioni tecnico-operative inviate alle Aziende sanitarie, ovvero delle linee guida con le indicazioni operative per la gestione delle richieste di suicidio medicalmente assistito, dal ricevimento della richiesta del paziente e per tutto il percorso attraverso l’istituzione di apposite Commissioni di valutazione di Area Vasta. I criteri indicati dall’Alta Corte per evitare abusi e arbitri sono tassativi: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile, da cui derivino sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente ritiene intollerabili, che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

La delibera ha anticipato la discussione in consiglio regionale sulla cosiddetta proposta di legge Cappato – in calendario domani, 13 febbraio, – e, soprattutto, ha bypassato un voto certamente controverso con annesse spaccature interne sulla scia del caso Veneto dove la legge sul fine vita è stata affossata al momento del voto in aula. Le opposizioni però sono già sul piede di guerra e Forza Italia annuncia di voler ricorrere al Tar. 

Ancora una volta l’ala cattolica dei vari schieramenti politici si mette di traverso rilanciando il tema della questione etica, in barba a quanto già ampiamente sancito dalla Corte Costituzionale.

Un ginepraio annunciato a cui la Regione ha deciso di sfuggire normando il fine vita in via amministrativa, ovvero attraverso una delibera di Giunta, anziché legislativa.

Alla fine però la norma è arrivata e questo, commenta il solierese 49enne Stellario “Dugo” Dugoni, che da due anni convive con un glioblastoma al quarto grado al cervello per il quale non esiste una cura, “è un passo in avanti importantissimo e per nulla banale”. Il desiderio di Dugo è quello di potersene “andare in modo dignitoso. Già le cure palliative assicurano un accompagnamento meno doloroso nel fine vita ma lo strumento del suicidio medicalmente assistito, e dunque sapere di poter morire senza soffrire, a livello psicologico, offre una grande serenità mentale a chi, come me, convive con malattie incurabili”. 

Il diritto a una fine dignitosa, sospeso per mesi nella nostra regione, è ora una realtà. Certo nel caso in cui la Giunta cambiasse, la “delibera potrebbe essere cancellata in un batter di ciglia” prosegue Dugoni, ed è proprio a fronte di tale limite che “io sono favorevole alla discussione politica e a una legge regionale. Rimango esterrefatto di fronte all’ostruzionismo di certa politica, qui non parliamo più di etica o di coscienza. Quel tema dopo la sentenza della Corte Costituzionale è superato. Al centro dell’agenda doveva esserci solo la certezza dei tempi, ovvero garantire ai malati terminali di ricorrere a una morte assistita in tempi brevi dopo la richiesta. Scegliere come morire è un diritto”.

In Italia il suicidio assistito è legale ma quando la Corte Costituzionale, nel 2019, invitò il Parlamento a fare una legge per regolamentarne modalità, procedure e tempi di accesso, il suo appello cadde nel vuoto con conseguenze a dir poco drammatiche per le persone che avrebbero potuto ricorrere a tale pratica, obbligandole ad affrontare estenuanti vicende giudiziarie, a recarsi all’estero o a morire tra intollerabili sofferenze. A fronte di un inaccettabile vuoto legislativo nazionale, le regioni si arrangiano. Le delibere regionali possono essere modificate o annullate al primo cambio di giunta ma scegliendo di approvarne una la squadra capitanata da Stefano Bonaccini ha trovato comunque un modo – per quanto non definitivo – per regolamentare il suicidio assistito senza dover passare per il consiglio regionale dove, con tutta probabilità, avrebbe corso il rischio di sbattere contro un muro di gomma. Perchè sul fine vita in questo Paese tutti amano spendere fiumi di parole ma, di fatto, in Italia una legge ancora non c’è. Ed è scandaloso.

Jessica Bianchi