Saman: ergastolo ai genitori, 14 anni allo zio, assolti i due cugini

Lo zio è responsabile di entrambi i reati, i due cugini di nessuno. Non c'è stato sequestro di persona, né premeditazione: quello di Saman non è stato un delitto pianificato da tutta la famiglia. E' un quadro ridimensionato, quello che emerge dalla sentenza della Corte di assise di Reggio Emilia nel processo sull'omicidio della 18enne pachistana di Novellara.

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Saman Abbas

Lo zio è responsabile di entrambi i reati, i due cugini di nessuno. Non c’è stato sequestro di persona, né premeditazione: quello di Saman non è stato un delitto pianificato da tutta la famiglia. E’ un quadro ridimensionato, quello che emerge dalla sentenza della Corte di assise di Reggio Emilia nel processo sull’omicidio della 18enne pachistana di Novellara. Il padre Shabbar Abbas, detenuto dopo l’estradizione e la madre Nazia Shaheen, ancora latitante in patria, sono stati condannati all’ergastolo.

Lo zio, Danish Hasnain, è stato condannato a 14 anni in virtù della concessione delle attenuanti generiche, della caduta delle aggravanti, e soprattutto come effetto del rito abbreviato che comporta la riduzione di un terzo della pena. I due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq escono invece dal tribunale come uomini liberi.

La Corte nel dispositivo letto dopo circa cinque ore di camera di consiglio ha respinto ogni richiesta risarcitoria da parte del fidanzato e del fratello della giovane vittima, entrambi costituiti parte civile. Risarcimenti sono invece stati concessi alle associazioni a sostegno delle donne, 25mila euro ciascuna a Non da sola, Trame di Terra, Udi, Differenza donna; alle associazioni islamiche, 10mila a Confederazione islamica italiana, centro islamico culturale d’Italia, Ucoii; 30mila euro all’Unione comuni bassa reggiana, 50mila al Comune di Novellara. Somme che dovranno, in teoria, essere liquidate da Nazia e Shabbar, che oggi ha respinto fino all’ultimo ogni accusa. 

Il padre di Saman ha parlato per un’ora e quaranta minuti: dichiarazioni spontanee rese sempre in italiano e solo in un tratto ha ceduto alle lacrime, parlando della figlia che sostiene di non aver ucciso.  

“Mai nella vita mia ho pensato di uccidere mia figlia. Neanche gli animali fanno queste cose. Signori giudici non ho mai pensato queste cose. Era mio cuore, mio sangue, ho portato qua il mio cuore e il mio sangue. Non ammazzo figli, non sono un animale. Neanche da pensare. Vorrei capire anche io chi l’ha ammazzata, chi è venuto a prenderla quella sera. La vita mia adesso è sempre piangere” ha aggiunto.

“Prendete la decisione giusta, io non dico niente”, le sue ultime parole prima che la corte si ritirasse in camera di consiglio .

 Ascoltata la sentenza a suo carico, il padre ha lasciato l’aula in silenzio.