La violenza corre sui social network…

Passano una media di 3-4 ore al giorno sui social e la quasi totalità è a conoscenza di comportamenti violenti, come cyberbullismo o revenge porn. Pochi ragazzi però conoscono le conseguenze giuridiche per chi compie tali azioni.

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Passano una media di 3-4 ore al giorno sui social e la quasi totalità è a conoscenza di comportamenti violenti, come cyberbullismo o revenge porn. Pochi tuttavia conoscono le conseguenze giuridiche per chi compie tali azioni. Lo evidenzia un’indagine realizzata dal Dipartimento di Giurisprudenza di Unimore che ha coinvolto circa 250 studenti delle scuole superiori.

Le tematiche trattate e discusse in vari contesti con i ragazzi e le ragazze, ma anche con esponenti di associazioni e cittadinanza, sono state i discorsi d’odio, il bullismo e il cyber-bullismo, l’adescamento di minori in rete, la circolazione di materiale illegale e la privacy , con un approccio concreto e facendo ricorso anche ad alcuni dati emersi da ricerche nazionali e internazionali.

A tutti i partecipanti ai percorsi è stato sottoposto un questionario anonimo sulle tematiche oggetto di indagine, costituito sia da domande a risposta multipla sia da domande aperte.

“In Rete – spiega uno dei curatori, la dottoressa Claudia Severi – c’è tantissima violenza, basta andare sui social per rendersene conto. Io non credo che il problema sia la quantità di tempo che i giovani trascorrono connessi, il nodo cruciale è l’educazione. Occorre preparare i ragazzi e, ancor prima gli adulti, a stare in rete e a capire che le parole, i messaggi, i video e le foto postati hanno un peso”.

Dalla elaborazione del questionario è emerso come le giovani generazioni utilizzino per diverse ore al giorno i social-network, a cui accedono perlopiù mediante telefono cellulare. Gli intervistati hanno dichiarato di essere a conoscenza di episodi violenti commessi in rete in danno di adolescenti molto spesso e in danno di disabili e anziani talvolta. Le azioni descritte spaziano dai commenti violenti e ingiuriosi (spesso legati all’aspetto fisico: c.d.  body shaming ) al cyberbullismo e al  revenge porn . In qualche caso, è stata citata l’istigazione al suicidio (attraverso un “gioco” denominato  blu whale ). Il quadro si palesa assai preoccupante e pertanto bisognoso di intervento, anche nell’ottica di prevenzione.