Non c’è altra amministrazione pubblica del reggiano, all’infuori del Comune di Rio Saliceto che è un caso isolato ma da rilevare per l’anomalia che rappresenta. Secondo quanto verificato, è l’unico ente pubblico locale che richiede il versamento di una cifra a fondo perduto al momento della presentazione della domanda di ammissione all’asilo nido comunale: una famiglia interessata al servizio all’atto della domanda è tenuta al versamento di cinquanta euro che non riavrà indietro. Una richiesta economica che non ha precedenti per l’accesso a un nido comunale che, in quanto tale, è un servizio pubblico per il quale i genitori dei bambini già pagano una tariffa mensile. Si potrà obiettare che cinquanta euro non sono una cifra onerosa ma dipende sempre dai punti di vista: vogliamo chiederlo a quelle famiglie che presentano l’Isee per la riduzione della tariffa? E poi perché il Comune chiede soldi ai genitori per non renderli più indietro? Quei 50 euro sono il pagamento dei diritti di istruttoria cioè il costo della pratica di cui gli uffici del settore scolastico di altri Comuni limitrofi da Carpi a Correggio, a Reggio, fino a Scandiano, si occupano da anni senza chiedere alcun compenso.
A oggi sono solo le strutture private a richiedere una quota d’iscrizione a fondo perduto ma il Comune non è un soggetto privato. Inoltre in base al principio della massima trasparenza che caratterizza le amministrazioni pubbliche locali la richiesta dei 50 euro dovrebbe essere contenuta nel Regolamento comunale del nido d’infanzia comunale e dei servizi accessori in cui nelle modalità che regolano l’accesso quell’ informazione però non c’è. E nel Regolamento analogo dell’Unione Bassa Reggiana l’art. 16 stabilisce il pagamento di un deposito cauzionale all’atto dell’iscrizione ma “tale somma viene restituita a coloro che frequentano il servizio fino al termine dell’anno scolastico, a coloro che permangono in lista di attesa, a coloro che si ritirano prima dell’uscita della graduatoria definitiva e/o in caso di gravi e comprovati motivi familiari e/o di salute. In caso di ritiro o di morosità relative ai servizi educativi-scolastici usufruiti dal nucleo familiare anche negli anni precedenti, il deposito cauzionale non viene restituito”.
L’asilo nido è considerato un servizio educativo, oltre che assistenziale, di interesse pubblico, aperto a tutti i bambini e le bambine in età compresa da tre mesi a tre anni e concorre con le famiglie alla loro crescita e formazione, “nel quadro di una politica per la prima infanzia e della garanzia del diritto di educazione, nel rispetto dell’identità individuale, culturale e religiosa. Nella prospettiva della prevenzione di ogni forma di svantaggio e di discriminazione viene, inoltre, garantita la frequenza e l’integrazione interna di bambini diversamente abili o che vivano in particolari condizioni di disagio sociale ed economico”. Chiedere 50 euro alle famiglie per i costi della pratica ne svilisce un po’ il senso.
A maggior ragione se si considera che a livello nazionale si discute della possibilità di rendere gratuiti gli asili nido, come già ha iniziato a fare la Regione Emilia Romagna. Non solo per sostenere le famiglie in un’ottica di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro ma per agevolare l’inizio di quel percorso educativo in quanto opportunità per lo sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini riconoscendone gli effetti positivi soprattutto per quelli che provengono da famiglie svantaggiate e con bassi livelli d’istruzione. L’asilo nido è un ottimo luogo di socializzazione e favorisce la crescita del bambino aiutandolo a superare le difficoltà proprie dell’età e a sviluppare doti affettive e relazionali utili per la vita. Il nido pubblico è un diritto per tutti i bambini e non solo per quelli che nascono in una famiglia che può permettersi di pagare 50 euro a fondo perduto.
Sara Gelli