Tutto esaurito al Comunale per il ritorno del leggendario jazzista Jan  Garbarek

Teatro Comunale esaurito, venerdì sera, alle 21, per il ritorno del jazzista Jan Garbarek, che torna in Italia dopo quattro anni: una breve tournée, appena quattro date, e Carpi è una di queste, tant’è che il concerto del 14 è stato in gran parte acquistato da appassionati di fuori città (circa l’80 per cento dei biglietti).

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Teatro Comunale esaurito, venerdì sera, alle 21, per il ritorno del jazzista Jan Garbarek, che torna in Italia dopo quattro anni: una breve tournée, appena quattro date, e Carpi è una di queste, tant’è che il concerto del 14 è stato in gran parte acquistato da appassionati di fuori città (circa l’80 per cento dei biglietti).

Con il leggendario sassofonista norvegese, che ha scritto gli ultimi 50 anni di storia del jazz europeo, suoneranno suoi “vecchi” compagni, come il pianista e tastierista tedesco Rainer Brüninghaus e il bassista brasiliano Yuri Daniel, ma anche un ospite d’eccezione quale percussionista indiano Trilok Gurtu.

“Il mio amore per questo musicista è sconfinato e di lunga data – aveva commentato nei giorni scorsi il maestro Carlo Guaitoli, direttore artistico del Comunale – insieme a Keith Jarrett ha dato vita ad uno dei più importanti quartetti jazz della storia e le sue sonorità nordiche hanno caratterizzato la filosofia della celebre etichetta discografica ECM. Poterlo ospitare nel nostro teatro dopo alcuni anni di assenza dall’Italia è per me un’enorme soddisfazione e un sogno nel cassetto che si avvera”.

Jan Garbarek può essere considerato uno degli artisti che detta lo stile nel jazz europeo, tant’è che innumerevoli musicisti sono stati influenzati dal suono del suo straordinario sassofono. Invece che adagiarsi su questo, e al contrario della sua auto-dichiarata pigrizia, Jan Garbarek all’età di 76 anni si batte ancora per avere esperienze musicali nuove e sempre migliori, preferibilmente “live” in concerto: “Cerco solo di suonare ciò che io stesso vorrei ascoltare. Se qualcuno riesce ad immedesimarsi, allora ottimo. Ogni reazione è buona. E anche nessuna reazione va bene. Ad essere onesto, non fa una gran differenza. Mettiamola così: io non sono Elvis Presley. Non posso prevedere o anticipare ciò che prova l’ascoltatore. Ma quando i musicisti sentono che sono dentro al ritmo, è un incantevole momento di pura felicità. Quella sensazione è assoluta euforia”.