La tutela civilistica contro gli abusi famigliari

La rubrica dell’avvocato Laura Vincenzi.

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Alla luce dei sempre più frequenti episodi di violenza domestica e del numero terribilmente crescente di femminicidi, preme evidenziare che accanto alla tutela penale sussiste anche una tutela in ambito civilistico per le vittime degli abusi familiari. Si tratta degli “ordini di protezione contro gli abusi familiari”, misure che possono essere richieste e disposte in sede civile. Lo scopo degli ordini di protezione è quello di anticipare il più possibile la tutela della persona debole, consentendole di allontanare chi tiene una condotta pregiudizievole, anche prima che assuma rilievo penale.  La Legge 154/2001 ha introdotto infatti gli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile, i quali disciplinano i presupposti e i contenuti di tali misure. L’art. 342-bis c.c. sancisce che, quando la condotta del coniuge o di un convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale o alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il Giudice su istanza di parte può adottare con decreto i provvedimenti citati nel successivo articolo 342-ter c.c. In particolare il Giudice ordina con il decreto al coniuge o al convivente la cessazione della condotta violenta, disponendo nel contempo l’allontanamento dalla casa familiare del medesimo coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole. Se necessario il Giudice ordina altresì di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, quali il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine, i luoghi di istruzione dei figli… Il Giudice valuta inoltre l’opportunità dell’intervento dei Servizi sociali o di mediatori e associazioni finalizzate al sostegno delle donne e dei minori vittime di abusi e maltrattamenti, nonché può disporre il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi, se per effetto dell’ordine di protezione rimangono prive di mezzi economici adeguati, specificando le modalità e i termini dei versamenti. In questi casi il Giudice può prevedere che sia direttamente il datore di lavoro dell’obbligato a versare tali somme all’avente diritto, detraendole direttamente dallo stipendio. Nel decreto con il quale sono disposte le misure di protezione è sancita anche la durata delle stesse, che per legge non può però essere superiore a un anno, ma che può essere prorogata, su richiesta, se ricorrono gravi motivi per ii tempo necessario. 

avv. Laura Vincenzi