La chemioterapia vicino a casa: la cura dall’ospedale al territorio

Nella sostanza, la Regione ha deciso di portare più vicini al cittadino, la diagnosi, le terapie anti-tumori e i successivi controlli

0
486

La chemioterapia? In Emilia-Romagna si farà nella casa della salute o in altre strutture sanitarie ‘vicine’ al paziente. Alcuni trattamenti, poi, si potranno fare addirittura a domicilio, grazie anche alla telemedicina. Tutto ciò per effetto della neonata Rete oncologica ed emato-oncologica, le cui linee di indirizzo sono state appena approvate dalla giunta regionale. Nella sostanza, la Regione ha deciso di portare più vicini al cittadino, in particolare in case e ospedali di comunità, la diagnosi, le terapie anti-tumori e i successivi controlli.
“Cambierà davvero la vita, in meglio, alle circa 30.000 persone a cui ogni anno in Emilia-Romagna viene diagnosticato un tumore”, assicura l’assessore regionale alla sanità Raffaele Donini. “E non si tratta solo di un miglioramento qualitativo, ma di una sperimentazione della medicina di prossimita’ sul fronte più importante, la lotta al cancro, considerando proprio il territorio come il luogo dove ricevere la diagnosi, fare gli esami e addirittura fare la chemioterapia”. Per il governatore Stefano Bonaccini, la rete regionale sui tumori, “farà un ulteriore salto di qualità, in un momento in cui a livello centrale stanno tagliando sulla sanità pubblica”.

Ogni anno in Emilia-Romagna ci sono in media 30.747 nuove diagnosi di tumore (escusi i carcinomi cutanei) e 13.621 decessi per queste malattie. La sopravvivenza a cinque anni e’ al 60% per gli uomini e al 66,5% per le donne. La regione e’ tra le migliori in Italia per a sopravvivenza a cinque anni per il tumore della mammella (89%), del colon retto (69%) e del polmone (18%). Fondamentali sono gli screening, la cui adesione e’ tornata pero’ solo recentemente ai livelli pre-pandemia: al 1 gennaio 2023 ha eseguito i test nei tempi raccomandati il 71% delle donne chiamate per lo screening mammario e il 65% per la cervice uterina, mentre per lo screening colorettale il dato e’ al 53%. “I clinici ci dicono che la diagnosi non è più così precoce come prima del Covid. Ma stiamo recuperando moltissimo”, sottolinea Donini.