Sul caso Oss in Medicina d’urgenza interviene Italexit: “davanti a un’emergenza dobbiamo fare fronte comune”

Per far fronte alla mancanza di operatori socio sanitari nella Medicina d’urgenza dell’Ospedale di Carpi è stato introdotto un nuovo sistema di turnazione. Una scelta che comporta una presenza ancor più massiccia, per più giorni consecutivi, su un luogo di lavoro usurante e peraltro con una minore retribuzione. Una decisione contestata da queste figure fondamentali nel processo di cura e assistenza.

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“La cronica carenza di organico è diventata una sorta di mantra per le aziende sanitarie a livello nazionale. Nessun ospedale è esente e Carpi non fa eccezione. Pur consapevoli di ciò è però necessario mettere in campo delle azioni tese a tamponare situazioni che rischiano, se non sanate in breve tempo, di provocare conseguenze gravi come l’abbandono da parte dei professionisti sanitari come già accaduto in precedenza”. A parlare è l’infermiere carpigiano Michele Campari, candidato di Italexit alle scorse elezioni politiche. 

A preoccupare questa volta è la situazione che stanno vivendo gli undici Oss, operatori socio-sanitari, della Medicina d’Urgenza dell’Ospedale di Carpi (per ulteriori info: https://temponews.it/2022/11/24/un-solo-oss-per-notte-nel-reparto-di-medicina-durgenza-del-ramazzini-una-decisione-inaccettabile/) da poco “spacchettata” rispetto all’adiacente Pronto Soccorso col quale prima rappresentava un unicum.

Il reparto, coi suoi 16 posti letto monitorati, dall’irruzione della pandemia, è sempre stato in prima linea nel trattamento dei pazienti Covid maggiormente compromessi e lì, ancora oggi, vengono ricoverati tutti i pazienti positivi dai vari reparti dell’ospedale – e dunque di ogni specialistica – per preservarlo dallo scoppio di eventuali focolai. I ricoverati sono perlopiù anziani, persone che, spesso, oltre alla patologia in corso, presentano quadri clinici severi, tra cui varie forme di demenza. Pazienti complessi dunque, pluripatologici, che richiedono un’assistenza continua e totale. 

“In reparto, durante la notte, c’è un solo Oss – prosegue Campari – per 16 degenti tutti Covid positivi. Fare un turno in quelle condizioni non è accettabile poichè oltre alla complessità dei quadri clinici dei ricoverati, ogni qualvolta un degente suona, l’operatore deve mettere in atto tutte le necessarie operazioni di vestizione – e successiva svestizione – legate alle procedure anti Covid per entrare in stanza in condizioni di sicurezza. Un onere aggiuntivo che allunga notevolmente i tempi legati alle prestazioni. Gli Oss della Medicina d’Urgenza, proprio per le caratteristiche intrinseche del reparto, hanno un carico di lavoro gravoso rispetto ai colleghi degli altri reparti. Non si può prescindere da tale consapevolezza nello stabilire il numero congruo di operatori che lì devono operare”.

Gli 11 Oss vengono così suddivisi: 4 nel turno del mattino, 3 al pomeriggio e 1 di notte ma tali coperture potrebbero non essere assicurate a cause di infortuni, malattie, ferie o imprevisti dell’ultima ora. 

Turni massacranti e sottorganico sono una costante al Ramazzini – e non solo – per medici, infermieri e Oss e questo si ripercuote sul servizio e a fioccare sono le domande di trasferimento e di mobilità: “il personale non è più motivato – continua Michele Campari – perché non intravede alcun margine di miglioramento. La situazione è complessa ovunque, lo ribadisco, ma questo non deve diventare un alibi dietro cui nascondersi”.

Per far fronte alla mancanza di operatori socio sanitari è stato poi introdotto un nuovo sistema ed è soprattutto questo che gli Oss contestano: con l’eliminazione del cosiddetto turno a tamburo (mattina/pomeriggio/notte/smonto/riposo) questi professionisti dovranno fare quindici giorni di diurno (mattina/pomeriggio) e altri quindici all’insegna di mattina/pomeriggio/notte. Una scelta che comporta una presenza ancor più massiccia, per più giorni consecutivi, su un luogo di lavoro usurante e peraltro con una minore retribuzione. Un boccone amaro da mandare giù soprattutto a fronte dei sacrifici che compiono da anni e in un reparto ad altissimo rischio infettivologico. 

Dal canto suo l’Ausl rispedisce ogni richiesta al mittente: “la dotazione organica degli Oss – spiegano dall’azienda – è stata definita in modo da essere pienamente rispondente alle esigenze di assistenza dei pazienti, in funzione della massima operatività dell’intero team assistenziale, tenendo dunque conto anche del numero di infermieri presenti, oltre al personale medico, del livello di complessità e gravità dei pazienti da assistere, e nel rispetto delle competenze e professionalità di ciascun ruolo. La Medicina d’urgenza può dunque contare su uno staff multiprofessionale altamente qualificato e assolutamente adeguato ai bisogni di salute dei pazienti ricoverati”.

Una risposta che non convince: “la sanità pubblica – sottolinea Campari – sta andando verso il punto di non ritorno sia sul fronte ospedaliero che della medicina territoriale. In Emilia Romagna la sanità funziona meglio rispetto ad altre realtà ma occorre compiere uno sforzo affinché le cose migliorino ulteriormente. In occasione del terremoto del 2012 la nostra Regione ha dimostrato di avere una marcia in più: una marcia che dobbiamo ingranare anche per quanto riguarda l’ambito sanitario. Italexit è attenta alle necessità di tutte le figure professionali: ora esiste un problema in Medicina d’urgenza e non possiamo voltarci dall’altra parte ma portarlo all’attenzione di tutti. A fronte di un’emergenza occorre fare fronte comune, essere uniti. Dobbiamo essere tutti dalla stessa parte: dalla politica alle varie sigle sindacali. Non siamo contro l’Ausl al contrario, ma l’Azienda non può restare indifferente dinnanzi ai problemi che gli Oss, figure professionali fondamentali nel processo di cura e assistenza, stanno vivendo”. 

Un fronte compatto ha fatto muro per ottenere dall’Ausl maggiore sicurezza in Pronto Soccorso ed è servito. Qualora in Medicina d’urgenza, così come in altre situazioni critiche all’interno di tutta l’azienda, non dovesse cambiare nulla, conclude l’ex candidato di Italexit, “potremmo presentare alla Camera una proposta di legge di iniziativa popolare. Un iter complesso ma pur sempre fattibile”. 

Intanto il 6 dicembre il sindacato ha organizzato un’assemblea per tutto il personale della Medicina d’urgenza: qualcosa si muoverà?

Jessica Bianchi