“Negli ospedali gestiti da Ausl non vi sono medici non vaccinati da reintegrare”

Sul reintegro del personale medico e infermieristico non vaccinato, l’assessore Donini invita la aziende sanitarie a non “impiegarlo in reparti in cui ci siano pazienti fragili”. 

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Immediato reintegro del personale amministrativo e degli Oss, mentre per i sanitari sospesi dagli Ordini si attenderà che siano gli Ordini stessi a revocare la sospensione, per poi procedere al reintegro. E’ questo l’orientamento operativo della direzione regionale sanitaria dell’Emilia-Romagna, dopo la modifica del decreto che anticipa il termine dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario e che, di fatto, revoca la sospensione per i 480 dipendenti della sanità pubblica che erano stati sospesi per il rifiuto di vaccinarsi contro il Covid. Ma cosa sta succedendo negli ospedali della provincia gestiti da Ausl? Quanti medici potranno tornare in corsia? Come la loro assenza si è ripercossa sull’assistenza? A rispondere è il direttore sanitario dell’Azienda sanitaria di Modena, Romana Bacchi: “in Ausl non vi sono medici non vaccinati da reintegrare. Sono 38 in tutto le persone che faranno progressivamente rientro: 11 amministrativi e 17 infermieri. I profili amministrativi sono già al lavoro con i dispositivi di protezione mentre è in corso il rientro del personale sanitario”.

Come ha stabilito il ministro della Salute, Orazio Schillaci, spetta alle singole aziende sanitarie la scelta sulla ricollocazione del personale non vaccinato, e la Regione ha convocato lunedì 7 novembre la Cabina di Regia Covid, l’organo tecnico-scientifico deputato a fornire indicazioni operative nel merito. In attesa in tale confronto tecnico, ha dichiarato l’assessore alle Politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna, Raffaele Donini, “mi aspetto dalle Aziende sanitarie che il personale medico e infermieristico reintegrato non venga impegnato in reparti in cui ci siano pazienti fragili. Ciò a tutela dei pazienti e degli operatori stessi”.

Il Ministero della Salute ha poi deciso che il bollettino con i nuovi contagi, i ricoveri e i decessi da Covid diventerà un report settimanale e non più quotidiano. Una decisione che ha fatto storcere il naso alla Fondazione GIMBE, presieduta da Nino Cartabellotta, e che fin dall’inizio della pandemia ha avviato un suo monitoraggio settimanale indipendente sull’andamento della pandemia. “E’ inaccettabile che il pubblico accesso al patrimonio comune dei dati quotidiani sulla pandemia venga interdetto dal Ministero della Salute, con un anacronistico passo indietro sulla trasparenza. Per questo la Fondazione GIMBE ha inviato al Ministro Schillaci una richiesta di ripristino immediato della pubblicazione giornaliera dei dati che devono essere disponibili non solo “alle autorità competenti” ma anche alla comunità scientifica e alla popolazione intera”, ha commentato Cartabellotta.

J.B.

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