Non c’è bisogno di alcuna interpretazione, i numeri crescono e fanno paura. Dal 22 al 28 febbraio a Modena si sono registrati 377 casi di contagio su 100mila abitanti. Un incremento repentino che sta mettendo a dura prova le strutture ospedaliere: nell’ultima settimana a Modena i pazienti Covid positivi ricoverati sono passati da 272 a 358 nei reparti di degenza ordinaria (a Bologna da 477 a 641) mentre sono 47 coloro che necessitano di terapia intensiva nel modenese su una disponibilità di 52 posti dedicati (sono 80 su 85 quelli occupati a Bologna). Insomma, ha sottolineato più volte e con forza l’assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, “siamo vicini al livello di saturazione”.
La prevalenza della variante inglese, prosegue Donini, “sta impattando notevolmente sugli ospedali. Ricordiamo che il livello di guardia per i Reparti Covid (fissato al 40%) nel nostro territorio è già stato raggiunto e quello per le terapie intensive (fissato al 30%) superato, dal momento che ci attestiamo intorno al 32%”.
Anche i decessi sono cresciuti, ben 423 negli ultimi 15 giorni, ma a preoccupare è la maggiore contagiosità del virus: “questa mutazione genetica viaggia più veloce e colpisce fasce di età prima solo sfiorate”. Il mondo della scuola è in ginocchio: “sono stati 651 i focolai registrati in febbraio in ambito scolastico. I contagi si sono impennati, basti pensare che dal suono della campanella a settembre fino al 1° marzo si erano contagiati 18.197 studenti: nelle ultime due settimane il numero di contagi ha raggiunto quota 3.233 alunni. E questo nonostante le misure adottate, dai tamponi rapidi antigenici in farmacia a quelli molecolari, alla forte azione di contact tracing svolta sinora”, sottolinea l’assessore regionale.
L’introduzione delle zone rosse per le province di Modena e Bologna e l’estensione dell’arancione scuro anche al territorio di Reggio Emilia sono la conseguenza di questi numeri.
“Se la crescita forte dei contagi e dei ricoveri avvenuta negli ultimi quindici giorni non trova anche un’accelerazione nella risposta – ha spiegato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini – rischiamo di esserne letteralmente travolti. La variante inglese ormai è maggioritaria nel Paese e in particolare in Emilia Romagna: viaggia a una velocità superiore e colpisce i giovanissimi. Sembra a tutti gli effetti un nuovo virus per diffusività e classi di età interessate.
Ed è proprio per questo motivo che nel nuovo Dpcm lo stesso Draghi, dapprima intenzionato a estendere il più possibile la scuola in presenza, ha previsto per la prima volta la sospensione di tutte le attività scolastiche (compresi i servizi 0 – 6 anni) non solo in zona rossa ma anche laddove i contagi superino i 250 ogni 100mila abitanti, dato che peraltro qui superiamo abbondantemente”.
Nelle due province di Bologna e Modena l’indice di trasmissione RT supera l’1,25: “abbiamo il dovere di circoscrivere il contagio con misure più restrittive – prosegue Bonaccini – altrimenti la curva epidemica continuerà a crescere. Le misure della zona arancione non sono sufficienti: la variante inglese viaggia troppo velocemente. Noi vogliamo stringere oggi per augurarci di non doverlo fare più dopo dal momento che aumenteranno i vaccinati e inizierà la bella stagione, vero e proprio virus naturale”.
Dopo un anno, prosegue il presidente, “nessuno di noi avrebbe voluto prendere decisioni di questo tipo, ma a noi spetta il compito di dire la verità e di decidere per evitare guai peggiori, ce ne prendiamo tutta la responsabilità. Dobbiamo agire adesso per far fronte a un pericolo che ha rialzato la testa con una cattiveria nuova e diversa”.
Stefano Bonaccini non si risparmia poi una stoccata sul finale: “La campagna vaccinale non ha il ritmo che avremmo voluto. Questi primi tre mesi sono trascorsi a ritmo di tagli anziché di forniture. Il reperimento di nuovi vaccini è prioritario. Entro aprile, di questo passo, supereremo il mezzo milione di vaccinati definitivamente in Emilia Romagna ma chiediamo al Governo di fare ogni sforzo per aumentare le forniture promesse e per far sì che le multinazionali aumentino le produzioni. La ricerca sul fronte vaccinale è stata portata avanti grazie a risorse pubbliche: ora le aziende devono renderne conto, i vaccini sono un bene pubblico davanti a una pandemia. E’ frustrante sapere che si potrebbero vaccinare più persone e più rapidamente e non poterlo fare perché le dosi non sono abbastanza”.
Per il presidente della Regione, mettere la salute delle persone al primo posto è “un dovere morale. Invito tutto a resistere e a rispettare le regole perché il pericolo è molto alto ma confido che queste chiusure, contestualmente a vaccini e bella stagione, piegheranno via via la curva per scongiurare futuribili ulteriori chiusure”.
Jessica Bianchi