Quando dal lockdown sboccia l’arte

Le opere di Gabriele Baracco sono la dimostrazione di come la bellezza possa scaturire anche da una situazione drammatica.

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Le opere di Gabriele Baracco, ospitate presso Ingalleria, al civico 22 di viale Garagnani, sono la dimostrazione di come la bellezza possa scaturire anche da una situazione drammatica. La sessantina di dipinti, tra tele e legno, sono infatti il frutto dei mesi di lockdown della scorsa primavera, quando Gabriele, bloccato da solo nel suo appartamento, in un palazzo ottocentesco del centro di Carpi, ha iniziato a dipingere in preda a una frenesia creativa. “Penso che la pittura sia stata la mia ancora di salvezza per non impazzire – spiega – si è trattato di un’immersione totale, senza distrazioni, che mi ha portato, quasi senza rendermene conto, a realizzare in pochi mesi il numero di opere che, normalmente, avrei potuto produrre in un anno”. Un numero talmente alto da far mancare lo spazio fisico per ospitarle tutte: “dopo averle accatastate una accanto all’altra, nell’appartamento non c’era più un posto libero, anche perché si tratta di dimensioni abbastanza significative. Così, a un certo punto, ho iniziato a ‘invadere’ il palazzo, mettendoli sulle scale, negli androni, davvero in qualsiasi posto libero”. Oltre ai colori, molte delle opere sono in bianco e nero: “dopo qualche tempo avevo finito gli altri colori – racconta – e così ho dovuto continuare con gli unici che mi erano rimasti. Anche questo risultato è in qualche maniera un’influenza del Coronavirus”.

Il risultato è una carrellata che parte dall’arte classica greca per poi, passando per l’antica Roma, arrivare sino a quella medievale, con tele ispirate a Gesù e realizzate nel periodo pasquale. “Se mi sono reso conto di avere una passione per il disegno è perché da piccolo andavo a cavallo e amavo talmente tanto quell’animale da volerlo dipingere,prima sui muri, per la disperazione di mia madre, poi sui fogli. Così anche quel che ho dipinto nei mesi di isolamento segue la mia passione per gli animali, da Bucefalo, il destriero di Alessandro Magno, fino al cavallo della statua di Manfredo Fanti, a quello della Ferrari e al toro della Lamborghini. In ciò che ho dipinto ho messo tutta la mia arte, la mia tecnica e il mio essere italiano, portatore di una storia e di una cultura così importanti”. Una volta terminata la prima ondata, Gabriele si è messo in cerca di uno spazio ampio in cui poter fotografare le sue opere nel contesto che meritassero. Ed è a questo punto, grazie all’interessamento di Gisella Silingardi, che l’ha aiutato nell’organizzazione dell’esposizione, che ha potuto essere accolto nello spazio messo a disposizione gratuitamente xda Raffaella Ferrari. “Una volta che ho visto tutto il materiale esposto, per prima cosa sono rimasto sconcertato dalla loro bellezza. Il punto è che in casa erano così accatastati che non avevo avuto neppure modo di rendermi conto di cosa avessi fatto. Il risultato d’insieme era così particolare che abbiamo deciso di comune accordo di lasciarli esposti a chiunque volesse vederli”. Il percorso di Gabriele che la passione per la pittura l’ha ereditata dalla famiglia del padre, originario di La Spezia, mentre quella della madre, di radici reggine, è composta da importanti musicisti, è assolutamente peculiare: diplomato al diploma presso l’Istituto d’Arte Venturi è seguita una scuola di teatro che l’ha portato a cimentarsi come attore, poi ballerino classico, per passare alla scenografia teatrale, grazie alla quale ha riscoperto la pittura, cui sono seguite la sartoria teatrale, con costumi dipinti a mano, e l’alta moda (nel 2003 ha dipinto, per esempio, l’abito di Miss Universo a Santo Domingo). Il filone degli abiti d’alta sartoria, pezzi unici dipinti a mano, gli ha fatto fondare il proprio brand, Arcangeli Art Studio, sotto il cui nome dipinge e personalizza anche i giacconi di pelle, facendo di ogni capo un pezzo assolutamente unico. Infine, questa esposizione, che pare possa essere appena il principio di una nuova avventura per Gabriele, vulcanico artista molto popolare in città anche per i suoi quattro cani, due levrieri afgani e due chihuahua, con cui le sue passeggiate non passano certo inosservate. “Ho già avuto contatti con diverse importanti gallerie italiane, per esporre le mie opere”.

Marcello Marchesini