“In ospedale ho trovato degli angeli: loro mi hanno fatto rinascere”

Ha combattuto contro il coronavirus e ce l’ha fatta. “Sono stato molto fortunato”, racconta il carpigiano 54enne Marco Borsari, ma “è stata una lotta durissima”.

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Ha combattuto contro il coronavirus e ce l’ha fatta. “Sono stato molto fortunato”, racconta il carpigiano 54enne Marco Borsari, ma “è stata una lotta durissima”.

Marco ha iniziato a non sentirsi bene il 20 marzo dopo che anche la moglie, Dolores, infermiera all’Ospedale Ramazzini, è risultata positiva al covid-19 fortunatamente senza gravi conseguenze. “Per una settimana, su consiglio del mio medico curante, ho assunto della tachipirina per cercare di abbassare la febbre alta ma nessuno si è mobilitato per sottopormi a tampone e io continuavo a sentirmi sempre peggio”. Esasperato, il 28 marzo Marco chiama il 118 che lo porta al Ramazzini, “saturavo ancora bene ma dopo un prelievo e una lastra ai polmoni il medico del Pronto Soccorso ha deciso di ricoverarmi in Medicina d’Urgenza allestita come un reparto di semi intensiva per questa emergenza. Mentre aspettavo che mi preparassero il letto mi pareva che il mondo mi fosse letteralmente caduto addosso e le forze hanno iniziato ad abbandonarmi così come la speranza”. Insieme alla paura sono arrivate anche le difficoltà respiratorie: “per una settimana ho portato per varie ore al giorno il casco Cpap, un sistema di ventilazione assistita non invasiva che mi aiutava a respirare. Ricordo che una mattina mi sono svegliato tremante e madido di sudore avevo fatto un incubo talmente nitido da sembrare vero. La morte aveva bussato alla mia porta. Io però non ero pronto a lasciare i miei cari, non così, non senza un saluto, un ultimo commiato. E allora qualcosa è scattato dentro di me: dovevo lottare e farcela a tutti i costi”. E così è stato: “quando dal casco sono passato alla maschera dell’ossigeno ho capito che le cose stavano migliorando. Sentivo la piacevolezza dell’ossigeno fresco mentre inspiravo e finalmente potevo muovermi nel letto… ero nuovamente libero”. Da lì il passo verso le dimissioni è stato breve: “appena ho ricominciato a respirare autonomamente e i miei valori sono migliorati ho lasciato l’ospedale con la consapevolezza che il peggio me lo ero lasciato alle spalle. L’8 aprile è una data che non dimenticherò”, sorride Marco Borsari.

I giorni trascorsi in sub intensiva sono stati durissimi, resi sopportabili solo dalla competenza e dalla gentilezza di tutto il personale: “sono degli angeli, non vi sono altre parole per definire medici, infermieri e oss. Ciascuno di loro lavora in condizioni pessime, ricoperti di dispositivi di tutela dalla testa ai piedi, mi domando come possano riuscire anche solo a fare un prelievo con tre paia di guanti… Eppure, nonostante le difficoltà, mentre ti visitano ti accarezzano un braccio, ti confortano, ti rassicurano. Ti danno la forza necessaria per sperare e andare avanti. Loro mi hanno rimesso in piedi. A loro andrebbero dedicate vie, piazze e monumenti… Il mio grazie nei loro confronti è infinito. Non ci sono abbastanza parole per elogiarli”.

Un grazie, quello di Marco, che nasce dal più profondo del cuore e che lo ha spinto ad avventurarsi in un’impresa ambiziosa: “durante i giorni del ricovero ho iniziato a tenere un diario. Pensieri in libertà che scrivevo sul mio cellulare. Ora con quel materiale vorrei realizzare un libro i cui proventi – unitamente a eventi di raccolta fondi che intendo organizzare – saranno utilizzati per acquistare una nuova ambulanza per l’Ospedale di Carpi. Contestualmente aprirò un conto corrente dedicato di cui mi occuperò personalmente affinché nessun centesimo venga disperso e tutto sia trasparente. Io faccio il magazziniere, ho tre figli e un mutuo da pagare, non sono ricco ma sono vivo e posso fare qualcosa di utile per la collettività. Voglio scrivere quanto mi è successo e spremere da questo coronavirus quanto più possibile per poter contribuire a migliorare l’assistenza e la cura offerte dal nostro Ospedale. Io non voglio nulla per me, desidero solo ripagare tutto il personale per l’impegno e i sacrifici profusi sino a questo momento”.

Il 18 aprile Marco è tornato a casa, tra le braccia di chi ama, dopo aver trascorso la sua convalescenza all’Hotel Concordia a San Possidonio fino all’agognato e atteso doppio tampone negativo. “Mi sono sentito accudito e ne sono grato. Ora che sono guarito – conclude Marco – aspetto con ansia che questa emergenza finisca per rispettare la mia promessa. Poco prima di uscire dall’ospedale, infatti, mi sono fatto dare i numeri di medici, infermieri e Oss così come quelli degli operatori che dispensavano i pasti e facevano le pulizie. Appena si potrà, saranno tutti miei ospiti per una grigliata. Un modo per festeggiare con questi Angeli la mia rinascita”. Un ritorno alla vita che loro hanno reso possibile.

Jessica Bianchi