Conoscere il sottosuolo in 3D

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Guardare la carta della pericolosità sismica in Italia è sconfortante. Una lunga striscia rossa  (rischio elevato) attraversa lo stivale quasi interamente da Nord a Sud.  Eppure ogni terremoto ci ha insegnato che due paesi non lontani tra loro possono reagire alle scosse in maniera molto diversa.  Abbiamo visto edifici di età e caratteristiche molto simili tra loro crollare al suolo in un caso e rimanere in piedi nell’altro. Se la causa principale di questo è la qualità delle costruzioni, un ruolo importante lo giocano anche i fattori legati alla geologia e alla morfologia del terreno sottostante, come ci hanno insegnato negli ultimi anni i geologi impegnati nella prevenzione, tramite le tecniche di microzonazione sismica per la valutazione delle caratteristiche del terreno. Tra queste c’è una nuova metodologia innovativa chiamata geoelettrica, sviluppata nell’ambito di un progetto di ricerca co-finanziato dalla Regione Emilia Romagna, avviato dallo studio nonantolano di ingegneria e diagnostica Giancarlo Maselli S.r.l. che annovera nel suo team anche il 29enne carpigiano Federico Varini laureato in Scienze Geologiche presso il Dipartimento di Geologia di Modena.
Federico, in cosa consiste la metodologia che avete progettato e cosa la distingue dalle altre sinora utilizzate?
“Innanzitutto vorrei sottolineare che si tratta di un progetto di ricerca formato da un team altamente specializzato composto dal professor Giancarlo Maselli del Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari di Modena nonché amministratore unico della Giancarlo Maselli s.r.l., dal professor Giovanni Santarato dell’Università di Ferrara, dall’ingegner Gianfranco Morelli amministratore della Geostudi Astier s.r.l di Livorno e dal geologo  Pier Luigi Dallari amministratore della Geogroup s.r.l. di Modena. Questa nuova tecnica  consente di studiare il terreno con problemi di liquefazione. Con liquefazione si fa riferimento a quel particolare fenomeno che si verifica quando il terreno sottoposto allo stress provocato dal terremoto si comporta come un liquido, causando risalite di sabbia e cedimenti differenziali degli edifici. In pratica consiste nell’applicare perimetralmente all’edificio oggetto d’indagine, a una profondità di 12 metri circa, una serie di elettrodi che si inviano tra loro segnali elettrici. In questo modo è possibile conoscere la composizione del terreno in base alla sua resistività, stimando così il rischio di possibile liquefazione, e determinandone inoltre la posizione. La geoelettrica è decisamente molto più avanzata rispetto alle classiche tecniche geologiche utilizzate oggi in ogni cantiere.  Mentre queste ultime si limitano a studiare unicamente una piccola porzione del terreno, ovvero quella sottostante la prova effettuata, tralasciando tutta la parte di terreno che si trova al di sotto dello stabile, la tomografia elettrica da noi utilizzata e sperimentata permette invece di avere una ricostruzione 3D dell’intera area di studio, così da non incorrere nella possibilità di sottostimare il pericolo per l’edificio. In poche parole otteniamo una “planimetria” dettagliata del sottosuolo.  In concomitanza svolgiamo anche il lavoro di routine della Giancarlo Maselli s.r.l. basato sullo studio dei materiali dell’edificio (calcestruzzi, ferri d’armatura, legni…), sui valori di resistenza delle murature, effettuando saggi esplorativi per studiare le fondazioni e le strutture dello stabile così da poter ricollegare i dati ottenuti con quelli provenienti dalla geoelettrica ed, eventualmente, collegare le problematiche dell’edificio con quelle riscontrate nel terreno.
Per ogni sito studiato il crono-programma dei lavori è il seguente: indagine Georadar GPR per l’individuazione di anomalie nel terreno; indagini geologiche “classiche” sul terreno; indagini strutturali sull’edificio e, infine, indagini avanzate e innovative tramite geoelettrica”.
In che modo andrà a integrarsi con le tecniche attualmente in uso per contribuire alla messa in sicurezza degli edifici?
“Ovviamente tale tecnica viene da noi studiata e sviluppata con lo scopo non di soppiantare le metodologie classiche oggi utilizzate, ma per andarle a completare così da avere un quadro conoscitivo del nostro territorio il più esaustivo possibile.
Pertanto, una volta individuata la presenza di terreno liquefacibile e potenzialmente pericoloso per l’edificio si procederà con un consolidamento del terreno tramite nuove tecniche e nuovi materiali direttamente iniettati nel suolo al fine di renderlo stabile e sicuro”.
Dove l’avete sperimentata sinora?
“La sperimentazione che è partita nel 2014 e si concluderà a fine 2016 ha coinvolto un site test a Mirabello, il Palazzo Comunale di Mirandola e il Palazzo Comunale di Crevalcore: tutti edifici storici che hanno subito enormi danni durante il terremoto in Emilia del maggio 2012. I dati sinora elaborati risultano essere sorprendentemente interessanti e sono destinati a cambiare le linee guida della Regione per quanto riguarda lo studio della liquefazione dei terreni e dei terremotsi. Lo scopo finale è quello di creare un software in grado di elaborare i dati provenienti dalla geoelettrica, per confrontarli e integrarli con i dati ottenuti dalle prove geologioche classiche, così da poter mettere in sicurezza ogni tipo di edificio, pubblico o privato, per garantire così la sicurezza di tutti”.
Chiara Sorrentino

 

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