“Occorre un’effettiva parità delle parti nel processo”

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 Le donne continuano a morire in Emilia-Romagna e in Italia, uccise dai loro mariti, compagni o ex partner. Nemmeno denunciare i loro aguzzini serve a proteggerle, basti pensare che sono già quattro i femminicidi registrati solo nella nostra Regione nel 2016. 

Cosa c’è che non va?  Perché le denunce si rivelano insufficienti per fermare i carnefici? 

“Ritengo che l’apparato normativo sia completo e tutelante. Il legislatore – sottolinea l’avvocato penalista carpigiano Cosimo Zaccaria – ha compiuto un’opera significativa, recependo le istanze delle vittime in modo attivo e tracciando un sistema di protezione di alto livello. In ambito penalistico è sicuramente aumentata la possibilità della vittima, tramite il proprio difensore, di poter interloquire con l’autorità giudiziaria e con il pubblico ministero. In passato ciò era molto più complesso, tanto da determinare deficit informativi che, in concreto, portavano a un ulteriore danno alla persona offesa. In più di una occasione, infatti, le vittime non erano informate delle scarcerazioni dei loro aggressori o, nei casi più gravi, addirittura dell’archiviazione dei procedimenti in fase di indagine preliminare… Il punto critico, a mio avviso, è la lenta e non semplice assimilazione  delle nuove leggi. L’aspetto che deve necessariamente condurre a una profonda riflessione è che molto spesso i femminicidi, gli omicidi e i delitti di violenza famigliare in generale sono preceduti da avvisaglie non debitamente considerate. In alcuni casi, sono quasi predetti da denunce e querele che raccontano violenze e sono vere e proprie invocazioni di aiuto: invocazioni rimaste inascoltate o sottovalutate. Ripeto, tutto ciò deve condurre a una profonda riflessione e a una risposta concreta”.

Undici anni di ritardo e una legge ancora bloccata in Parlamento: è la storia del Fondo per le vittime di violenza domestica che l’Europa ha chiesto di istituire anche nel nostro Paese, l’unico in Europa in cui non sia ancora stato attivato. Quali ripercussioni crea tale vuoto sulle donne vittima di violenza domestica?

“Le ripercussioni, purtroppo, ci sono e si vivono come un aggravamento del danno già subito dalla vittima, soprattutto se questa appartiene a una fascia reddituale sfortunata. Il processo penale è sempre più “tecnico”, nel senso che le parti si avvalgono maggiormente di consulenti per affrontare aspetti decisivi. Consulenti che hanno costi elevati, non sempre affrontabili dalle vittime. Le conseguenze sono facilmente comprensibili. Sono convinto che la “missione” sarà finalmente “compiuta” solo quando sarà garantita un’effettiva parità delle parti nel processo e quando l’attenzione per le vittime supererà l’aspetto del clamore del momento, divenendo un effettivo sistema tutelante”.

Jessica Bianchi

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