I diritti dei bambini prima di tutto

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“I diritti dei bambini prima di tutto”. Questo l’appello che dal Family day in avanti abbiamo letto con riferimento alla legge sulle Unioni Civili e all’apertura alla stepchild adoption poi stralciata lasciando la decisione ai giudici caso per caso. Una levata di scudi imponente; ma ci sono bambini i cui diritti sembrano non interessare poi così tanto. Piccoli di cui nessuno parla mai. Circa 30mila minori (una stima, non esiste nemmeno un registro nazionale per conoscerne il numero esatto) vivono in case famiglia gestite da cooperative sociali, istituti religiosi, comunità terapeutiche o educative, strutture per minori allontanati o non riconosciuti dai genitori naturali. Adottarli è quasi impossibile, la burocrazia è lenta, macchinosa e quei piccoli garantiscono lavoro e guadagni agli operatori delle strutture che nessuno ha interesse a chiudere; ma non è l’unico problema. Adottare un bimbo italiano implica il rischio giuridico: un parente prossimo potrebbe reclamare il piccolo anche dopo anni che vive nella nuova famiglia adottiva e avrebbe il diritto di farlo, norma scellerata sulla quale occorrerebbe intervenire. Ogni casa famiglia, istituto o comunità chiede una cifra giornaliera per ogni bimbo ospitato che può variare moltissimo. Per capire quale sia la situazione nelle Terre d’Argine abbiamo interpellato Liana Balluga, coordinatore Servizio sociale area minori e famiglie e del Centro per le Famiglie.
Quante sono le case famiglia nelle Terre d’Argine?
“Nel territorio dell’Unione delle Terre d’Argine esistono tre strutture residenziali per minori: 1 Casa Famiglia; 1 Comunità familiare e 1 Comunità residenziale educativa-integrata. In Emilia Romagna il sistema delle strutture di accoglienza dei minori è regolamentato da una delibera di Giunta che definisce in modo dettagliato e preciso le diverse tipologie di strutture previste per i minori a seconda dei loro bisogni, i requisiti sia in termini strutturali sia di dotazione di personale e di progetto educativo che devono avere le comunità per essere autorizzate al funzionamento. Tutte le strutture per minori, comprese quelle del nostro territorio, per poter funzionare devono essere in possesso di regolare autorizzazione al funzionamento rilasciata dal Comune in cui è ubicata, sulla base di un’istruttoria svolta da un’apposita Commissione autorizzativa istituita presso l’Azienda Usl”.
Quanti bimbi ospitano e di che età?
“La Casa Famiglia del territorio dell’Unione è autorizzata ad accogliere fino a 4 bambini (più 1 posto di pronta accoglienza) mentre la Comunità familiare è autorizzata ad accogliere al massimo 3 bambini. Queste accoglienze di tipo familiare sono in genere rivolte a bimbi sotto i 10/12 anni.  La Comunità educativo-integrata del nostro territorio accoglie adolescenti maschi ed è autorizzata per massimo 9 ragazzi. In queste tre strutture non sono attualmente accolti minori provenienti dal territorio dell’Unione. Alla data del 1° gennaio 2016 i bambini e adolescenti in carico al Servizio Sociale dell’Unione delle Terre d’Argine e inseriti in strutture di accoglienza per minori erano 14. La quasi totalità delle strutture di accoglienza per questi 14 minori sono localizzate nelle province di Modena e di Reggio Emilia”.
Ci sono bimbi adottabili?
“Nelle tre strutture presenti nell’Unione sono inseriti bimbi e ragazzi che non provengono dal nostro territorio, inviati dai Servizi sociali di altri Comuni. In queste strutture per minori viene svolta una vigilanza da parte di un’apposita commissione di vigilanza dell’Unione e specifici controlli periodici da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna attraverso la Polizia giudiziaria locale. Dalle verifiche svolte non mi risulta ci siano nelle Comunità del territorio bambini dichiarati adottabili in via definitiva”.
Qual è il costo pro capite giornaliero per ogni bimbo in struttura? Come viene calcolato?
“La retta viene fissata dalle comunità stesse ed è diversificata sulla base della tipologia di comunità, dei servizi offerti. Le Comunità di tipo familiare hanno una retta molto inferiore a una educativo-integrata nella quale è previsto personale educativo e di coordinamento. Le rette variano da 50 fino a 180/190 euro al giorno”.
Chi e come stabilisce la Casa Famiglia anziché l’affido temporaneo presso famiglie o l’adozione?
“Diciamo che sulla base della normativa vigente i minori sono collocati dal Servizio sociale territoriale  in un idoneo ambiente extra-familiare sulla base di un provvedimento della Magistratura minorile che, generalmente, indica per i bambini più piccoli l’inserimento in contesti di tipo familiare (affido, casa famiglia e comunità familiare). Il Servizio Sociale, tenuto conto delle indicazioni del Tribunale, valuta e ricerca il contesto più idoneo di accoglienza tenendo conto di molteplici fattori: l’età del minore, la presenza di fratelli, la situazione psicologica e relazionale… se vi è una situazione di ‘urgenza’ nella quale dev’essere assicurata una protezione immediata  in emergenza. In generale possiamo dire che per i bambini l’affido familiare presso famiglie preferibilmente con figli costituisce un’accoglienza temporanea adeguata ai bisogni evolutivi mentre per gli adolescenti e i ragazzi grandi la comunità educativa viene valutata come un contesto adeguato di crescita. Tuttavia le famiglie disponibili all’affido sono molto poche e, a volte, non si riesce a trovare una risorsa familiare disponibile o adeguata alle caratteristiche di quel bambino. In questi casi l’accoglienza in strutture di tipo familiare appare una risposta realizzabile in tempi brevi. Spesso il collocamento in affido familiare viene predisposto dopo un periodo d’inserimento in comunità avendo gli operatori il tempo necessario per reperire famiglie affidatarie e progettare l’adeguato affido familiare. Per quanto riguarda la scelta dell’adozione questa è stabilita dal Tribunale per i minorenni quando decreta in via definitiva che quel minore è adottabile. In questo caso è sempre il Tribunale che individua la famiglia adottiva tra quelle che  hanno ottenuto l’idoneità all’adozione. Si tratta in genere di piccoli in stato di abbandono o di neonati non riconosciuti dai genitori alla nascita”.
Come replica a chi parla di business e scarsi controlli dietro questo tipo di strutture?
“Per quanto riguarda la nostra realtà posso dire che sulle strutture per minori vengono svolti attenti controlli come prevede la normativa vigente. Come detto in precedenza viene svolta una vigilanza da parte di un’apposita Commissione di vigilanza dell’Unione e specifici controlli periodici da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Bologna attraverso la Polizia giudiziaria locale”.
Clarissa Martinelli
 

 

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