Diabete: la pandemia del nostro tempo

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“Il diabete è una patologia in progressivo aumento tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2005, ne aveva previsto la pandemia in tutto il mondo, prevedendo un raddoppio dell’incidenza nel 2025: oggi l’incidenza è quadruplicata. A Carpi, nel 2001, l’incidenza era intorno al 3,5% oggi sfiora il 6% sulla popolazione totale. Se poi parliamo solo degli adulti sopra i 35 anni, siamo intorno al 7,9%. L’unica vera prevenzione – sottolinea Anna Vittoria Ciardullo, responsabile del Servizio di Diabetologia dell’Area Nord – che ha dimostrato di valere anche più dei farmaci è l’adesione convinta a delle buone abitudini di vita che riguardano l’alimentazione – l’unica che ha prove di beneficio è la dieta mediterranea – e l’attività fisica regolare tutti i giorni. 20 minuti di camminata quotidiani sono sufficienti per prevenire questa patologia molto complessa”.  
A dar man forte anche il medico di famiglia, Giuseppe Gaglianò: “da anni esiste una forte integrazione tra Centro diabetologico e medici di famiglia ma il merito della dottoressa Maria Vittoria Ciardullo è stato quello di farci appassionare a questa complessa patologia. Curare il paziente diabetico è difficile, poiché presuppone una cura costante, un accompagnamento totale. Promuovere corretti stili di vita e una sana alimentazione è fondamentale per tentare di abbassare il rischio di contrarre tale patologia”.
E per ribadire gli straordinari benefici della dieta mediterranea, il medico calabrese aggiunge: “nel 1957, a Nicotera, mio paese d’origine, ricordo che in giro per casa c’erano alcuni ricercatori americani che osservavano i piatti cucinati da mia madre. Furono loro a scrivere il primo studio sulla dieta mediterranea”.
La dieta mediterranea è sempre stata riconosciuta come una delle più salutari del mondo, un modo di cibarsi semplice, basato sul consumo di alimenti delle terre del Mediterraneo: olio extra vergine di oliva, frutta fresca, legumi, cereali, ortaggi, pesce e vino rosso.  
Tutto iniziò negli Anni Cinquanta quando Ancel Keys, uno scienziato americano della Scuola Pubblica di Alimentazione dell’Università del Minnesota, venne in vacanza in Italia e si accorse che i”poveri” dei paesini sperduti del Sud Italia, quelli che mangiavano ancora pane, cipolla rossa di Tropea e pomodoro, erano molto più sani non solo dei cittadini di New York, ma anche dei loro stessi parenti emigrati ormai da tempo negli Stati Uniti. Il valore nutrizionale della dieta mediterranea fu dimostrato scientificamente dal celebre ‘studio dei sette Paesi’.
I ricercatori misero a confronto le diete adottate dalle popolazioni di sette Paesi in nazioni diverse per verificarne benefici e difetti; il verdetto finale ha definito isole felici per antonomasia Creta e Nicotera – ma tra le zone migliori vi era anche il paesino emiliano di Crevalcore e il marchigiano Montegiorgio – i due luoghi al mondo in cui il modo di alimentarsi si avvicina maggiormente alla dieta mediterranea.
Jessica Bianchi

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