Le età della vita

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Ognuno di noi, secondo il professor Remo Bodei, è “un’ininterrotta sequenza di viventi. Un anello tra le generazioni passate e quelle che riuscirà a creare”. Può però capitare che vi sia una sorta di blocco nella trasmissione: “una frattura tra le generazioni.  Un disorientamento”. Oggi la distanza tra le generazioni, in senso biologico, si è fortemente accorciata. Ma a cosa è imputabile l’interruzione del flusso generazionale? “Il passato non ha più il valore di un modello – prosegue Bodei – i vecchi non sono più depositari del sapere. La perdita progressiva di prestigio della figura paterna a partire dal dopoguerra, l’entrata nel mondo del lavoro da parte delle donne, l’avvento della radio e della Tv… tutti questi elementi hanno contribuito a superare la separazione tra polis e casa. Tra esterno e interno. Oggi le pareti domestiche sono diventate porose, la politica entra nelle case. Il declino della figura paterna che si accompagna a quello dell’autorità degli anziani è uno degli elementi che ha cambiato profondamente il panorama delle età della vita”. Ma quali sono tali età? “La più diffusa, coniata da Aristotele, è la divisione in tre fasi della vita: giovinezza, maturità e vecchiaia”. Una distinzione basata sul tempo: “i giovani sono coloro che hanno poco passato alle spalle e tanto futuro davanti, al contrario dei vecchi. L’età migliore sarebbe quella della maturità, che Aristotele fissa intorno ai 35 anni. I giovani, con tanto futuro di fronte a sé, sono impetuosi e caratterizzati dall’attesa, a differenza dei vecchi che, umiliati dalla vita, temono la fine.  L’età preferibile è quindi quella capace di unire i pregi di giovinezza e vecchiaia senza averne i difetti”. Oggi secondo Bodei le età si riducono a due: “giovinezza e decrepitezza. I giovani restano tali, in casa con mamma e papà, sempre più a lungo, mentre gli anziani si rifiutano di invecchiare e, spesso, dopo il pensionamento vivono una specie di giovinezza bis”. Ma un sistema  come il nostro (in cui per giovani il futuro è “desertificato” e privo di ogni “speranza” mentre i vecchi continuano a detenere il potere, plasmando il pensiero, la cultura e l’economia) non è sostenibile. “Per sanare la frattura esistente, occorre quindi  sancire un patto generazionale”. Patto che secondo Bodei dovrebbe passare attraverso il concetto di “generosità intergenerazionale”. Una sorta di “dare, prendere e restituire”. Un circolo virtuoso e generoso di trasmissione. Un cambio epocale che non può certo essere affidato alla buona volontà ma che necessita di uno sforzo collettivo. Un’azione politica precisa basata sulla “cooperazione di singoli individui e istituzioni nazionali e sovranazionali”. Perché, ci ricorda, Seneca, la monarchia che accumula cultura e denaro solo per sé è simile a un voragine che prende e non rende. “Chi può – conclude Bodei – ha il dovere di restituire più di quanto ha ricevuto”.
Jessica Bianchi

 

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