Italcarni a rischio chiusura?

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Ore febbrili per Italcarni, la grande azienda di macellazione di suini di Migliarina, per i suoi cento dipendenti diretti e per altri duecento lavoratori che operano all’interno dell’azienda come terzisti. La storica cooperativa di macellazione aderente a Legacoop conosce un altro momento delicato e difficile dopo quello di qualche anno fa. Il nuovo management aziendale costituito con l’entrata nella compagine societaria di Opas, l’Associazione professionale di allevatori di suini di Mantova – il cui presidente Roberto Caru è divenuto il nuovo amministratore delegato di Italcarni, prendendo il posto che fu  per anni di Gianni Mozzoni – è alle prese con una grave crisi economica, anche perché le banche  non avrebbero, a quanto risulta, accettato il piano finanziario proposto. L’azienda di Migliarina, una delle più grandi d’Italia nel suo settore, è andata progressivamente in difficoltà per la diminuzione dei capi macellati mentre le spese fisse e di mantenimento dell’impianto sono sempre le stesse. Il calo dei consumi del mercato interno e la concorrenza  estera, la cui carne costa meno, hanno prodotto la crisi finanziaria attuale. I cento dipendenti e i loro sindacati sono preoccupati e sabato scorso si sono riuniti in un presidio davanti ai cancelli dell’azienda in occasione della riunione del Consiglio di amministrazione di Italcarni per far sentire la propria voce e chiedere maggiori informazioni.  Nulla è trapelato sull’esito della riunione e, lunedì 20 ottobre, i sindacati, come ci hanno confermato Mario Zoin della Cisl e Daniela Pellacani della Cgil, hanno chiesto un incontro urgente con la direzione per essere portati a conoscenza delle decisioni o degli intendimenti del consiglio di amministrazione e poter così informare i dipendenti i quali temono di perdere il loro posto di lavoro. Non è escluso che alla vertenza aziendale vengano invitate anche le istituzioni, come il Comune, la Provincia, la Regione, oltre che il Governo e i parlamentari modenesi, perché Italcarni è sempre stata un’eccellenza produttiva carpigiana e modenese sin da quando era socia di Unibon e faceva parte della catena dei Grandi Salumifici Italiani. E perché abbia deciso qualche anno fa di uscirne, non è mai stato spiegato.
Cesare Pradella
 

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