“Non è cambiato quasi nulla dal giugno 2012 quando fu emanato in emergenza il D.L. 74/12, la legge che imponeva la messa in sicurezza degli edifici industriali presenti nelle aree colpite dal sisma” esordisce l’ingegner Michele Bonaretti, titolare dello Studio MB.
Se la mappa di scuotimento sismico approvata con l’ordinanza 35 del 21 marzo 2013 ancora non è cambiata, resta la divisione delle aziende in due categorie: quelle che hanno subito uno scuotimento sismico del 70% e quelle che, non avendo raggiunto tale soglia, devono provvedere di tasca propria al miglioramento sismico. I capannoni che rientrano nella zona di scuotimento (“l’accelerazione spettrale elastica” richiesta dall’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) uguale o superiore al 70% e hanno retto al terremoto si possono considerare esentati da ulteriori interventi di messa in sicurezza, ma quegli edifici che, in base alla mappa, si trovano in un’area di scuotimento inferiore al 70 per cento dell’accelerazione spettrale elastica debbono invece provvedere a presentare un progetto per raggiungere il livello di sicurezza fissato per legge.
“In pratica, se la sollecitazione è stata significativa si intende che la natura li abbia collaudati, se invece la sollecitazione è stata inferiore alla soglia fissata dal decreto, i capannoni non si intendono collaudati e devono provvedere i proprietari”.
Con il risultato che edifici industriali, pur separati da pochi chilometri, avranno destini opposti: a Fossoli saranno esentati da interventi, nella zona industriale di Carpi, invece, saranno obbligati a effettuare costosi interventi di miglioramento sismico entro i tempi indicati dalla legge e senza la certezza di finanziamenti.
Dopo aver provveduto a realizzare entro il termine del 6 giugno 2014 tutti gli interventi previsti per ottenere l’agibilità sismica provvisoria, i proprietari, pur avendo capannoni che hanno superato indenni il sisma, devono di nuovo mettere mano al portafogli per ottenere “una valutazione di sicurezza sulla base della quale effettuare gli interventi di miglioramento sismico nell’arco di quattro/otto anni calcolati a partire dal giugno 2014: entro quattro anni, se il loro grado di sicurezza risulta pari o inferiore al 30 per cento di quella richiesta per nuove costruzioni e poi via via fino ad arrivare a otto anni, se supera il 50 per cento”.
Tali interventi a volte non sono compatibili con le attività presenti negli stabili e tali problematiche sono fondamentali nell’attuale situazione economica.
In questo momento di incertezza, c’è chi ha chiesto alla politica di intervenire in considerazione della congiuntura economica drammatica e alla pubblica amministrazione che governa Carpi di tutelare il tessuto economico evitando che si svalutino immobili di una parte del territorio rispetto ad altri che stanno accanto. Complessivamente è coinvolto l’80% delle aziende carpigiane che, invece di mettere mano al portafogli per finanziare gli interventi antisismici, potrebbero scegliere di migrare poco distante, trasferendo l’azienda a San Martino in Rio, per esempio. I capannoni vuoti si traducono in mancati introiti fiscali per l’Amministrazione Comunale. Anche solo per questo la politica dovrebbe prendere a cuore la questione delle mappe di scuotimento.
Sara Gelli