Quale futuro per la Stroke Unit di Carpi?

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Nella nostra Regione è stata avviata la sperimentazione di una modalità alternativa di organizzazione dell’assistenza in ospedale. Un’organizzazione non più articolata in Reparti o Unità operative in base alla patologia e alla disciplina medica, bensì strutturata in aree omogenee che ospitano i pazienti in base alla gravità del caso clinico e del livello di complessità assistenziale. Un’assistenza per intensità di cura, la quale prevede tre livelli: alta intensità (le degenze intensive e sub intensive), media intensità (le degenze per aree funzionali: area medica, area chirurgica) e, infine, bassa intensità (per pazienti post acuti). La Stroke Unit dell’Ospedale Ramazzini di Carpi, lo abbiamo scritto più volte a partire dallo scorso anno, potrebbe diventare col nuovo assetto organizzativo un’area di cura di media intensità per le varie discipline internistiche, perdendo, di conseguenza, ogni tipo di specializzazione neurologica. L’unità non verrebbe quindi né smantellata né delocalizzata, bensì, verosimilmente, riconvertita.  Con questo sistema l’Azienda Sanitaria intende ottimizzare spazi, denari e, soprattutto, risorse umane. Uno schiaffo all’assistenza dedicata di quei 350 pazienti colpiti da ictus cerebrale ischemico o emorragico, che ogni anno vengono ricoverati nella Stroke Unit di Carpi, alle loro famiglie, e a una delle patologie che costituisce la terza causa di morte, la prima di invalidità permanente e la seconda di demenza nel nostro Paese. La strada pare già segnata, ma il direttore dell’Ospedale di Carpi, Teresa Pesi, non si sbilancia ancora e avverte: “il tavolo di discussione relativo a tale riorganizzazione è ancora in corso”. Una cosa è certa, ribatte prontamente il presidente di Alice, Maurizio Calestrini, “con l’interruzione del trattamento di trombolisi, (ndr terapia farmacologica somministrata durante la fase acutissima dell’ictus ischemico per sciogliere il trombo, iniziata al Ramazzini nel 2010 e interrotta definitivamente col sisma del maggio scorso) il servizio offerto dalla Stroke Unit di Carpi è già peggiorato. Su questo non ci piove”. Una piccola annotazione: per l’Azienda sanitaria i numeri troppo bassi di trombolisi effettuate non giustificherebbero i costi. Risultato: tutta l’Area Nord deve confluire, giorno e notte, all’Ospedale di Baggiovara. Di fronte al gigante, la bambina è stata abbattuta. Come è ovvio che sia, in tempo di vacche magre. Ma se sulla trombolisi – pratica complessa, tempo dipendente e applicabile a un numero esiguo di pazienti, circa il 5/10% – possiamo chiudere un occhio, la stroke è tutta un’altra storia.
Jessica Bianchi
 

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