Ai rifiuti non si può chiedere di più…

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Aimag ha realizzato, grazie alla collaborazione con un partner straniero (la società olandese WWTT) e a un investimento di 8 milioni di euro, il digestore anaerobico.
Sinora nell’impianto di compostaggio di Fossoli entravano rifiuti organici e usciva compost per fertilizzare i campi. Con la nuova sezione anaerobica si produce anche energia elettrica da quello stesso rifiuto per 5 milioni di kWh all’anno.
A illustrare la nuova sezione anaerobica è Paolo Ganassi, dirigente Servizi Ambientali di Aimag.
Come funziona il digestore?
“Il digestore anaerobico è un pezzo della filiera che si va a innestare sull’impiantistica esistente.
La digestione anaerobica della sostanza organica è un processo di degradazione che avviene attraverso microrganismi in condizioni di anaerobiosi, cioè senza ossigeno. E’ diversa dalla digestione aerobica che invece avviene in condizioni di ossigenazione. Nell’impianto di Fossoli, prima dei tunnel in cui avviene il trattamento in fase aerobica, Aimag ha costruito l’impianto di digestione anaerobica con l’obiettivo di valorizzare la sostanza organica e degradarla più rapidamente per poi farla passare nella fase aerobica”.
Il rifiuto utilizzato è sempre l’’umido’?
“Sì, il Forsu è l’umido delle cucine, delle mense, dei ristoranti: parte di questi rifiuti viene avviata alla linea di digestione anaerobica. L’impianto di compostaggio, complessivamente, ha una potenzialità di 75mila tonnellate all’anno, mentre la sezione di digestione anaerobica ha una potenzialità di 27.500 tonnellate all’anno: l’investimento può eventualmente essere raddoppiato in futuro. Inoltre, la qualità dell’organico che viene avviato alla sezione di digestione anaerobica deve essere ottima, con poche impurità, risultato di una raccolta differenziata porta a porta come facciamo a Carpi”.
Quali sono i vantaggi?
“C’è un vantaggio di tipo economico che deriva dalla produzione di energia elettrica e uno ambientale legato a una miglior gestione del processo.
La produzione di energia elettrica dal biogas che si ricava dal trattamento anaerobico dei rifiuti, considerata fonte rinnovabile è incentivata dallo Stato (0,28 euro al chilowattora): il vantaggio economico che ne deriva viene utilizzato a copertura dei costi che Aimag sostiene per la raccolta e il recupero del rifiuto organico. Poi c’è un vantaggio di carattere operativo: la degradazione della sostanza organica in fase anaerobica asseconda la seconda fase, quella aerobica”.
In pratica ci può spiegare cosa succede?
“Nell’impianto a digestione anaerobica sono due i prodotti: il biogas che è un gas valorizzabile viene bruciato in un motore endotermico per ricavarne energia elettrica e acqua calda. Quest’ultima serve per sostenere il processo di digestione anaerobica che avviene in fase di cosiddetta mesofilia, tra i 35° e i 38°: l’acqua di raffreddamento del motore e dei fumi viene, quindi, utilizzata per scaldare le celle dove avviene il processo. Il digestato, infine, è un ulteriore prodotto della degradazione all’interno dell’impianto di digestione anaerobica e va lavorato successivamente all’interno dell’impianto aerobico, dove prosegue il trattamento per diventare compost di qualità. Riusciamo a lavorare meglio questo digestato rispetto a quanto non facciamo oggi con il prodotto che non passa per il digestore anaerobico”.
Permetterà anche un’ulteriore riduzione degli odori?
“C’è un contenimento perché, avviando il biogas ai motori di combustione, una quota degli odori viene convogliata ai motori e combusta.
Ma bisogna essere chiari: trattando 75mila tonnellate di rifiuti organici su un’area di quattro ettari non è possibile garantire emissioni odorigene pari a zero. Con l’avvio dei tunnel le lamentele si sono sensibilmente ridotte poi, ripeto, trattiamo rifiuti e ne trattiamo parecchi”.
In che modo impatterà sull’ambiente?
“Le emissioni sono quelle del motore endotermico dove noi mandiamo il biogas a bruciare. Poi ci sono le arie del processo: il rifiuto arriva, viene scaricato all’interno di una fossa di scarico in un capannone, viene miscelato con lo strutturante (legno) e collocato nelle celle che vengono chiuse fino a quando non si è consumato tutto l’ossigeno.Si passa poi alle fasi acida, acetica e metanigena per la formazione del metano.
Le arie vengono avviate ai biofiltri per la depurazione.
Infine c’è una produzione di percolato: emissioni acquose che servono per il processo: lavando il materiale organico portano in giro i microrganismi e quindi tengono alimentato il processo di anaerobiosi. Le acque nelle vasche a tenuta, due volte all’anno vengono sostituite: finito il loro ciclo vengono portate all’impianto di depurazione di San Marino”.
Sara Gelli

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