La scorsa settimana due piccoli sono morti tra le mura dell’ospedale Ramazzini di Carpi: a nulla sono valsi gli sforzi del personale sanitario. Due storie diverse, accomunate dal medesimo, terribile dolore: la morte di un figlio. Per conoscere meglio quanto accaduto, ci siamo rivolti al dottor Paolo Accorsi, primario del Reparto di Ostetricia e Ginecologia: “nel primo caso siamo di fronte a una morte bianca. Il piccolo è deceduto al fianco della madre, nella sua culla. Quando la puericultrice ha fatto il giro delle stanze per assicurarsi che mamme e bambini stessero bene, si è accorta che qualcosa non andava. E’ stato immediatamente compiuto un tentativo di rianimazione e il trasporto del piccolo al Policlinico di Modena ma non c’è stato nulla da fare. Era già morto: davvero una terribile fatalità”. Sul secondo tragico epilogo invece, i famigliari vogliono vederci chiaro e la Procura ha aperto un fascicolo: l’accusa da accertare è quella di omicidio colposo. Una 39enne carpigiana infatti, alla sua prima gravidanza, ha perso la propria bambina durante il travaglio, per poi finire in Rianimazione.
Ma cosa è accaduto durate il travaglio?
“Si è verificato un problema ostetrico – prosegue Accorsi – ma il segreto professionale mi impone di non aggiungere altro. Posso solo dire che tutti noi siamo vicini al dolore di questa mamma e a quello della sua famiglia. Fatti tanto tragici mettono a dura prova l’intero reparto: siamo tutti profondamente colpiti e addolorati”. Sugli accertamenti che condurrà la Procura, Accorsi non si sbilancia e aggiunge: “ogni volta che qualcosa non va nella direzione sperata apriamo un percorso di valutazione per comprendere cosa sia accaduto e capire se lo staff si sia mosso nel modo più opportuno, avvalendoci della collaborazione di un professionista esterno. Il nostro obiettivo infatti è sempre quello di migliorare”. E infine, il primario, lancia una stoccata: “la sana pietà umana dovrebbe spingere la stampa a non strumentalizzare questi episodi, perché a pagarne lo scotto più alto sono le donne, le partorienti, le mamme, nelle quali si scatenano ansie e paure, inducendone alcune a migrare verso altri ospedali, come se lì, l’imprevisto non potesse accadere”.
Jessica Bianchi