Salvatore Natoli – L’idolatria del possesso

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Alle tre e un quarto del pomeriggio, su Piazza Martiri, velatamente assolata e calda, echeggia un interrogativo: che senso ha oggi il secondo comandamento, non ti farai né idoli né immagini? Il Duomo, sullo sfondo, è abbracciato da un enorme ponteggio. Salvatore Natoli, docente di Filosofia teoretica presso l’Università Milano-Bicocca, cambia posto per ripararsi meglio dal sole. Parla dell’idolatria: “in ebraico, idolo significa manufatto, feticcio. E immagine è rassomiglianza. L’uomo, nelle scritture, è fatto a immagine e somiglianza di Dio. Con l’immagine, quindi, può arrivare al divino”. Mentre l’idolo è una cosa. Cosa, in greco pragma, è l’azione. “Noi stessi siamo una cosa del mondo. Il pragma è la cosa, riguarda l’affare umano”. Si dice, infatti, Che cosa hai fatto?, o, Passami quella cosa. Ma la res, prima sacra, con il giudaismo, diventa idolo. Prima ancora è feticcio. “Feitiço deriva dal portoghese e definiva le pratiche delle popolazioni della Guinea Centrale, che adoravano oggetti inanimati, come ciuffi di pelo, frammenti di ossa, teschi… Una finzione, non la verità. Anche se, accanto alla contraffazione c’è l’elemento di fantasia, di immaginazione”. Ma qual è l’elemento per cui possiamo definirci neofeticisti non più esprimendo culto?, l’eco diventa ancora più forte. “Oggi adoriamo ciò che fabbrichiamo. Nelle società arcaiche, invece, l’adorazione dell’oggetto era in rapporto a un accadere. Gli attribuiamo un potere che nella sua realtà non ha”. Il sole picchia forte. Alcuni si alzano, per sedersi sul marciapiede della piazza, all’ombra. “La dimensione del feticcio è ambigua, non esiste cosa che sia assolutamente positiva o negativa. Il mondo è sotto il segno del doppio”. Cos’è, allora, l’idolo? “E’ l’oggetto sacro, cultuale, spogliato della sua sacralità e svalutato a manufatto.  E’ accaduto con i monoteismi”. Una nuvola gioca a nascondino con il sole. Natoli cita Weber, ‘il monoteismo disincanta il mondo’. Poi Talete, Tutto è pieno di dei. Poi Freud, L’uomo Mosé e il monoteismo. Col tempo, continua, l’immagine di dio è svaporata. “L’uomo sensibile ha cercato un sostituto. Ricadendo nell’idolatria. Non più ingenua come quella arcaica, ma raffinata, sofisticata”. Una particolare res prende il posto di dio, è la res pubblica: l’azione di decidere, discutendo, dello stare insieme. “Della cosa pubblica non si discute più. Le persone si identificano in un idolo. Dipendendone”. Desideri prendono forma di oggetto. “L’oggetto, oggi, non è idolo. Lo sarebbe se lo conservassimo, adorassimo, tenessimo nella parte centrale della casa… Idolatriamo il piacere di possedere illimitatamente, sapendo di poterci liberare dall’oggetto quando vogliamo”. Come se adorassimo la nostra inanità. “Nell’onnipotenza, riteniamo di non essere idolatri. Ma esserlo senza saperlo è tremendo”. Secondo Natoli, la crisi dovrebbe stimolare il pensiero critico, che divide e distingue. “Ma serve  humilitas, umiltà. Per riconoscere l’altro, per ritirarci nell’ascolto. Tornare alla res singularis. Per prendere in custodia il mondo, per diventare tutti dei e dio in tutti”. L’eco svanisce, l’ultima coda l’ha portata via il vento che ha rinfrescato l’aria. 
Antonella De Minico

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