Champion: a Scandicci si passa al boicottaggio

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“Non condividiamo la decisione di Champion di chiudere, ma è una volontà che può stare nelle scelte operative di un’azienda. Ciò che non è accettabile è il comportamento che la proprietà sta tenendo nei confronti prima di tutto delle lavoratrici, e poi delle istituzioni: alle prime che non hanno l’opportunità di trasferirsi viene negato qualsiasi ammortizzatore sociale, inclusa la misura minima della mobilità! Per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni, l’azienda si rifiuta di incontrarle. Non mi era mai successo! Dove sta il rispetto per le istituzioni? Ma soprattutto dov’è la responsabilità sociale?”. Ci va giù duro il sindaco di Scandicci Simone Gheri che, in una lettera indirizzata a Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze, avanza la proposta di boicottare tute, t-shirt e pantaloncini sportivi del marchio carpigiano e di sfrattare dal centro commerciale di Ponte a Greve il negozio dell’azienda di abbigliamento, la Champion appunto, che ha deciso di mettere sulla strada i suoi 50 dipendenti di Scandicci senza offrire loro alternative valide.
Da 20 anni la Champion, azienda con sede a Carpi, famosa per i propri capi di abbigliamento sportivo, ha una sede a Scandicci, dove ospita la “testa pensante”, cioè i reparti Design e Sviluppo: a un certo punto si è deciso di chiudere tutto. Nel mese di novembre 2011 sono state inviate le prime raccomandate che comunicavano, senza alcun preavviso o colloquio di chiarimento, il trasferimento di un intero reparto presso la sede modenese. 
Alle richieste di spiegazione, il management della azienda ha risposto che Champion è un’azienda solida, il lavoro c’è, state tranquilli e presentatevi nella sede di Carpi.
Come se trasferirsi, armi e bagagli, a 150 km da casa fosse la cosa più naturale del mondo! Nessuna contrattazione o volontà di attivare quegli ammortizzatori sociali che, in qualche modo, possano tutelare i lavoratori con strumenti come la cassa integrazione o la mobilità.
In questo modo, cioè non licenziando e costringendo alle dimissioni i lavoratori di Scandicci (spesso madri di figli piccoli), l’azienda avrebbe avuto le mani libere per riassumere lavoratori nella nuova sede, senza costrizioni o impedimenti di sorta.
Da quel momento l’azienda ha respinto qualunque contatto con sindacati e istituzioni, così come ha rifiutato di ascoltare le proposte di quest’ultime in merito agli interventi a sostegno dei lavoratori impossibilitati a trasferirsi. I lavoratori in questo modo, non essendo dichiarato lo stato di crisi, non hanno alcun diritto di vedersi riconoscere mobilità, cassa integrazione o altro e sono costretti, semplicemente e drammaticamente, a rassegnare le proprie dimissioni! Pare che sia un caso unico nella storia delle relazioni sindacali in Toscana: mai un’azienda aveva mancato così di rispetto nei confronti delle istituzioni che si sono subito mobilitate.
Ma per risposta hanno ricevuto una porta in faccia. A una richiesta di incontro da parte di Provincia, Comune e Regione, la Champion ha risposto da Carpi con una lettera del 13 aprile: “Champion Europe Services srl ritiene di non partecipare all’incontro da Voi richiesto”, scrive l’ad Sauro Mambrini.
Questa lettera ha fatto salire il sangue alla testa del sindaco di Scandicci Gheri.
Il rifiuto della Champion di incontrare le istituzioni solleva l’indignazione anche del segretario del Pd di Firenze Patrizio Mecacci. “Rifiutare l’incontro con le istituzioni — scrive Mecacci — aggrava la già preoccupante situazione dell’azienda”.
Dalla sede di Scandicci è intanto sparita l’insegna dell’azienda ma il caso è finito sulla Tv nazionale.

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